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Cassazione: COVID-19, niente responsabilità penale se il datore ha applicato i protocolli


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Con la sentenza n. 47904 del 01.12.2023, la Cassazione afferma che, con riferimento ai rischi da contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati che abbiano applicato le prescrizioni e adottato le misure contenute nei protocolli devono ritenersi immuni da responsabilità penale, avendo correttamente adempiuto all'obbligo di cui all'articolo 2087 c.c.

Il fatto affrontato

Il datore di lavoro viene imputato per le seguenti violazioni delle disposizioni di cui al D.Lgs. 81/2008, riscontrate con riferimento alla situazione pandemica da COVID-19:
- mancata adozione di strutture idonee a garantire una distanza interpersonale superiore al metro tra i lavoratori e la clientela;
- mancata indicazione nel Documento di Valutazione dei Rischi delle misure preventive e protettive del personale predetto;
- mancata fornitura ai dipendenti di dispositivi di protezione individuale conformi e adeguati al rischio derivante dal virus.
Avverso l’assoluzione dell’imputato pronunciata dal Tribunale, propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica.

La sentenza

La Cassazione, confermando l’innocenza dell’imputato, rileva che la normativa c.d. emergenziale prevedeva, quale condizione essenziale per il rispetto degli obblighi scaturenti dall’art. 2087 c.c., l'applicazione delle prescrizioni contenute nel “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro” sottoscritto tra il Governo e le parti sociali ovvero nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Secondo i Giudici di legittimità, invero, i protocolli generali e quelli per specifici settori avevano proprio la funzione di individuare e specificare le misure necessarie per la tutela dei lavoratori contro il rischio da contagio COVID, tenendo conto degli aspetti peculiari delle attività lavorative e dell'esperienza fino a quel momento maturata con riferimento ad un grave fattore di rischio di assoluta novità.

Per la sentenza, dunque, il rispetto dei predetti protocolli e l’adozione delle misure in essi previste da parte dei datori di lavoro si traducono in un adempimento degli obblighi scaturenti dall’art. 2087 c.c. e in un’assenza di responsabilità penale in capo agli stessi.

Rinvenendo quest’ultima circostanza nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso del PM e conferma l’innocenza del datore a fronte dell’applicazione del protocollo.

A cura di Fieldfisher