Con l’ordinanza n. 19080 del 18.07.2018, la Cassazione afferma che la durata del periodo di preavviso può essere derogata dall’autonomia delle parti, ma solo a condizione che il lavoratore riceva, quale corrispettivo di un temine maggiore, un vantaggio economico.
Il fatto affrontato
Il lavoratore ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato al pagamento di una somma di denaro a favore della società sua ex datrice a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, sul presupposto che il più lungo termine di durata del relativo periodo (12 mesi), stabilito nel contratto individuale, rispetto alle previsioni della contrattazione collettiva, non poteva considerarsi di sfavore per il solo lavoratore, avendo il prolungamento del termine efficacia bilaterale.
L’ordinanza
La Cassazione, ribaltando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che in materia di recesso dal rapporto di lavoro, la durata legale o contrattuale del preavviso è derogabile dall'autonomia delle parti, con conseguente validità della clausola del contratto individuale che preveda un termine di preavviso per le dimissioni più lungo rispetto a quello stabilito dalla contrattazione collettiva.
Condicio sine qua non per la validità di detta clausola, però, secondo i Giudici di legittimità è che il lavoratore riceva, quale corrispettivo per tale deroga, l'attribuzione di benefici economici e di carriera.
Non essendo previsto, nel caso di specie, niente di tutto ciò all’interno del contratto individuale del lavoratore, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dal medesimo.
A cura di Fieldfisher