Dal 1° gennaio 2022 , i datori di lavoro che intendono chiudere una sede, uno stabilimento, una filiale o un ufficio o reparto autonomo situato in Italia, con cessazione definitiva della relativa attività e il licenziamento di almeno 50 lavoratori, sono soggetti a una particolare disciplina prevista all’art. 1, commi da 224 a 237-bis, della Legge 30 dicembre 2021,n. 234, così come modificata dall’ art. 8 del DL 10 agosto 2023, n. 104 ( cd. DL Asset ) convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 ottobre 2023, n. 136.
Tali previsioni si aggiungono a quanto già previsto dalla Legge n. 223/1991, la quale prevede una comunicazione preventiva alle RSU e il rispetto di precisi criteri di scelta dei dipendenti da licenziare.
La finalità ultima della disciplina è in entrambi i casi quella di attenuare gli effetti occupazionali e produttivi derivanti dalle iniziative unilaterali dei datori di lavoro, finalizzate alla chiusura di unità produttive dalla quale deriva la necessità di gestire esuberi di personale.
A tal fine, la normativa anti-delocalizzazione prevede una particolare procedura che si apre con l’invio, da parte del datore di lavoro, di una comunicazione preventiva, per iscritto e con preavviso di almeno 90 giorni, a rappresentanze sindacali aziendali (o unitaria), sedi territoriali delle associazioni sindacali di categoria più rappresentative sul piano nazionale e, contestualmente, a Regioni interessate, Ministero del lavoro e Ministero sviluppo economico delle proprie intenzioni. Entro 60 giorni dall’avvio della procedura, al datore di lavoro è richiesta anche l’elaborazione di un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura con una durata massima di 12 mesi ( per dettagli sulla procedura : Cessazioni; delocalizzazioni e licenziamenti. Le nuove regole ).
La citata disciplina trova applicazione ai datori di lavoro che raggiungono il requisito dimensionale dei 250 dipendenti, nella media dell’ anno precedente, comprensivo di apprendisti e dirigenti.
La normativa richiede quindi due requisiti, la soglia dimensionale dei 250 dipendenti e il licenziamento di un numero non inferiore a 50 dipendenti.
Ma cosa succede, nel caso in cui il datore di lavoro, avendo occupato nell’anno precedente più di 250 dipendenti, decide di procedere contestualmente alla chiusura di 2 distinte unità produttive , di cui una con oltre 50 dipendenti e l’altra con un numero inferiore a 50 dipendenti ? E’ necessario osservare la procedura di cui alla Legge n. 234/2021 anche in riferimento all’unità produttiva che occupa meno di 50 dipendenti, oppure per quest’ultima è possibile avviare direttamente la procedura di licenziamento collettivo ex Legge n. 223/1991 non essendo soddisfatti entrambi i requisiti della Legge 234/2021 ?
A riguardo è intervenuto il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornendo chiarimenti con l’ interpello n. 1/2025.
Il Dicastero esordisce ribadendo che i principi generali di tutela da applicare nei casi di licenziamenti giustificati da addotte ragioni economiche — rinvenibili nella Legge n. 223/1991 e volti ad assicurare parità di trattamento ai lavoratori dipendenti da un medesimo datore — non possono non continuare a costituire un punto di riferimento essenziale per la corretta interpretazione anche della Legge n. 234/2021 e delle sue finalità dichiarate, disciplinando quest’ultima un'ipotesi di licenziamento collettivo di particolare gravità per le sue ricadute sul tessuto occupazionale e produttivo, a livello nazionale.
I principi richiamati sono quelli ribaditi anche dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 18215 del 3.07.2024 secondo cui l’individuazione dei profili professionali da licenziare, in caso di fungibilità degli stessi, deve avvenire prendendo in considerazione tutte le unità produttive riconducibili al medesimo datore di lavoro, così come previsto dall’art. 5 della L. 223/1991, disposizione a sua volta connessa al principio generale dell’ordinamento , su cui si fonda , tra l’altro , l’obbligo di cui alla legge 604/1996 per cui il licenziamento rappresenta una extrema ratio.
Alla luce di tali elementi il Ministero ritiene che, nel caso in cui un datore di lavoro decida di procedere alla chiusura di più distinte unità, così come definite dalla citata Legge n. 234/2021, lo stesso sarà comunque tenuto ad attivare la procedura dettata da tale norma, laddove anche in una sola di esse si determini un esubero di almeno 50 unità di personale, dovendosi ritenere in tali casi impraticabili percorsi alternativi per pervenire alla risoluzione dei rapporti di lavoro.
Fonte : Min. Lavoro