Con l’ordinanza n. 8567 del 16.03.2022, la Cassazione afferma che, al fine di stabilire la genuinità di un appalto, assume valore dirimente anche il contenuto dell’istanza di certificazione del relativo contratto rivolta all’apposita commissione.
Il fatto affrontato
Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di ottenere il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze del circolo sportivo presso cui curava la gestione degli impianti.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo deduce la simulazione del contratto di appalto di servizio sottoscritto col circolo e concernente la manutenzione ordinaria, la pulizia e la custodia dell'impianto sportivo.
La Corte d’Appello rigetta il ricorso, sul presupposto che il ricorrente aveva assunto su di se l'organizzazione di mezzi necessari e l'assunzione del rischio.
L’ordinanza
La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - rileva preliminarmente che, al fine di stabilire se un appalto è genuino, è necessario indagare sul complessivo comportamento dell'appaltatore.
Per la sentenza, appare dirimente la circostanza che l’appaltatore abbia inviato propri dipendenti presso l'azienda committente ed abbia organizzato con i propri mezzi e con l'assunzione su di sé del rischio d'impresa l'attività commissionata.
Secondo i Giudici di legittimità, inoltre, di non secondaria importanza risultano le dichiarazioni contenute nell’istanza rivolta alla commissione di certificazione, laddove le stesse delineino i tratti essenziali di un contratto di appalto genuino.
Su tali presupposti, rinvenendo tutti i predetti elementi nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal lavoratore, confermando il corretto inquadramento del contratto d’appalto.
A cura di Fieldfisher