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Cassazione: è estorsione regolarizzare i lavoratori in nero a condizioni sfavorevoli


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Con la sentenza n. 29047 del 05.07.2023, la Cassazione penale afferma che integra il reato di estorsione la minaccia paventata dal datore di cessare il rapporto di lavoro avviato in nero, in caso di mancata accettazione della formalizzazione a condizioni di rispetto della normativa e della contrattazione collettiva che non rispecchiano la realtà dei fatti.

Il fatto affrontato

I titolari di una società vengono imputati per la commissione dei reati di cui agli artt. 629 e 603 bis c.p., per aver imposto ad alcune lavoratrici, in sede di assunzione, condizioni economiche palesemente inique e contrarie alle disposizioni di legge (con negazione dei diritti alle ferie, mancato rispetto degli orari di lavoro e omessa retribuzione in caso di assenza).
Il Tribunale scagiona, parzialmente gli imputati, sul presupposto che l'accettazione delle condizioni inique imposte dalla società, con l'alternativa della mancata instaurazione del rapporto di lavoro, non costituisce condotta riconducibile al paradigma del delitto di estorsione.

La sentenza

La Cassazione rileva, preliminarmente, che non ricorre l'ipotesi del delitto di estorsione quando il datore, al momento dell'assunzione, prospetti agli aspiranti dipendenti l'alternativa tra la rinuncia, anche parziale, della retribuzione e la perdita dell'opportunità di lavoro.
In questo caso, difetta, infatti, il requisito dell'altrui danno in ragione della preesistente condizione di disoccupazione per i lavoratori, rispetto alla quale il conseguimento di un'opportunità di impiego rappresenta un dato patrimonialmente (comunque) positivo.

Diversamente, continua la sentenza, l’estorsione si configura ogniqualvolta il rapporto sia già stato instaurato e, per costringere i dipendenti ad accettare modifiche peggiorative dello stesso, il datore prospetti loro - in caso di mancata adesione alle proposte - l'interruzione del rapporto.

Secondo i Giudici di legittimità, quest’ultima fattispecie deve ritenersi integrata anche quando le minacce intervengano in presenza di un rapporto avviato "in nero" e siano rivolte ad ottenere l'apparente formalizzazione del rapporto, secondo condizioni contrattuali difformi da quelle reali (vantaggiose dal punto di vista economico del datore e suscettibili di conseguenza patrimoniali pregiudizievoli per i dipendenti).

Rinvenendo quest’ultima circostanza nel caso di specie, la Suprema Corte accoglie il ricorso del PM.

A cura di Fieldfisher