Con la sentenza n. 16618 del 14.06.2024, la Cassazione afferma che il giudicato sussistente sul diritto al risarcimento del danno per la ritardata assunzione (stabilizzazione) della lavoratrice condiziona il giudizio relativo alla sussistenza del diritto all’assunzione stessa, riferendosi al medesimo rapporto di lavoro.
Il fatto affrontato
La lavoratrice ricorre giudizialmente al fine di veder accertato il suo diritto ad essere assunta, con contratto a tempo indeterminato, alle dipendenze della ASL, in applicazione delle norme sulla stabilizzazione.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo – tra le altre cose – che non poteva avere effetto sul presente giudizio la sentenza, emessa all’esito di un diverso procedimento e passata in giudicato, con cui era stato riconosciuto il diritto della dipendente al ristoro del danno per il ritardo della ASL nella procedura di stabilizzazione.
La sentenza
La Cassazione - ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva preliminarmente che, qualora due giudizi fra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo rapporto giuridico, il giudicato che nel primo di essi si sia formato su una questione di fatto o di diritto comune ad entrambi, preclude il riesame della stessa questione nel secondo, ancorché le finalità dei due giudizi siano diverse.
Secondo i Giudici di legittimità, applicando detto principio alla fattispecie in esame, se ne deduce che l’accertamento del diritto alla stabilizzazione costituisce evidentemente il presupposto logico-giuridico del diritto al ristoro del danno da ritardata stabilizzazione, sicché il giudicato su quest’ultimo non può non estendersi al primo accertamento.
Diversamente ragionando, il secondo giudizio andrebbe in evidente conflitto con il giudicato del primo che, in ordine alla stabilizzazione, copre il dedotto e il deducibile, ossia tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono antecedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della pubblica dipendente, affermando il diritto della stessa ad essere stabilizzata.
A cura di WST