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Corte Costituzionale: non neutralizzabile il riscatto della laurea anche se comporta una riduzione della pensione


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Con la sentenza n. 112 del 03.07.2024, la Corte Costituzionale afferma che il riscatto degli anni di laurea che ha determinato il passaggio dal metodo di calcolo della pensione misto a quello retributivo non può essere successivamente neutralizzato, in modo da ritornare al metodo misto, per beneficiare di un importo della pensione più alto.

Il caso affrontato

Il pensionando propone una domanda giudiziale di riliquidazione del proprio trattamento pensionistico, chiedendo in particolare la neutralizzazione della contribuzione derivante dal riscatto del periodo di studi universitari operato nel 1996 (allo scopo di incrementare l’anzianità contributiva anteriore alla data del 31.12.1995 sino ai diciotto anni richiesti per ottenere il computo della futura pensione con il sistema interamente retributivo).
A fondamento della propria domanda, il medesimo deduce che – in virtù del riscatto e del conseguente utilizzo del metodo di calcolo retributivo – l’importo della propria pensione, richiesta con la c.d. “quota 100”, è pari ad € 9.220,94 mensili, mentre in assenza dello stesso e con l’applicazione del sistema di calcolo misto sarebbe stato pari ad € 11.427,94 mensili.
Il Tribunale di Roma, investito del caso, solleva questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, comma 13, della L. 335/1995 e 1, comma 707, della L. 190/2014, nella parte in cui non prevedono il diritto del pensionato alla neutralizzazione del periodo oggetto di riscatto del corso di studi universitari, anche qualora dallo stesso derivi un depauperamento del trattamento pensionistico.

La sentenza

La Corte ritiene infondata la questione sollevata, per un duplice ordine di mortivi.

In primis perché, secondo la sentenza, la neutralizzazione ha la finalità di tutelare il lavoratore da fattori indipendenti da sue scelte, mentre il riscatto degli anni di laurea è una decisione del dipendente (presa – peraltro - per accedere al sistema retributivo che, al momento del riscatto, era ritenuto generalmente più favorevole per il pensionato).

In seconda battuta, continuano i Giudici, perché nell’ipotesi prospettata il pensionando chiederebbe di neutralizzare gli anni riscattati non per annullare gli effetti negativi all’interno del metodo retributivo, bensì per uscire dallo stesso.
Ciò, però, determinerebbe la possibilità di decidere la scelta del metodo di calcolo della pensione in base ad una valutazione effettuata nel momento del pensionamento, che si pone in contrasto con il principio di certezza del diritto che deve sempre presidiare il sistema previdenziale.

A cura di WST