Con la sentenza n. 602 del 10.01.2025, la Cassazione afferma che, in caso di apposizione ad un contratto di lavoro di un termine dichiarato nullo, il rapporto deve considerarsi mai estinto dall’inizio e, durante il periodo che intercorre tra scadenza del termine nullo e sentenza dichiarativa di tale nullità, permane l’obbligo contributivo anche in assenza di prestazione lavorativa.
Il fatto affrontato
Il dipendente, a seguito della sentenza che aveva dichiarato nullo il termine apposto ai suoi contratti di lavoro, ricorre giudizialmente nei confronti della società datrice per chiedere alla stessa anche la regolarizzazione contributiva del periodo intercorrente tra la prima assunzione a tempo determinato e l’effettiva reintegra.
La Corte d’Appello accoglie solo parzialmente la predetta domanda, ritenendo prescritta una parte della contribuzione a fronte dell’interruzione del termine solo con il ricorso introduttivo del giudizio sulla regolarizzazione contributiva.
La sentenza
La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva preliminarmente che l’unica ipotesi di condanna al versamento della contribuzione, ammissibile anche senza specifica domanda del lavoratore, è quella prevista in caso di reintegra conseguente ad una declaratoria giudiziale di illegittimità di un licenziamento.
Secondo i Giudici, a tale fattispecie non può essere equiparata quella della conversione del rapporto di lavoro costituito ab origine a tempo determinato mediante l’apposizione di un termine finale poi dichiarato giudizialmente nullo.
Per la sentenza, in tal caso, infatti, la disciplina è quella comune delle obbligazioni con la prescrizione che decorre dalla scadenza del termine dichiarato nullo.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del dipendente, confermando la prescrizione di una parte della contribuzione richiesta.
A cura di WST