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Cassazione: quali prove sono richieste per la costituzione della rendita vitalizia?


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Con la sentenza n. 12833 del 10.05.2024, la Cassazione afferma il seguente principio di diritto: “In tema di azione volta alla costituzione della rendita vitalizia, la previsione dell'art. 13, commi quarto e quinto, L. n. 1338/1962, secondo cui il datore di lavoro o il lavoratore che gli si sostituisca debbono fornire all'INPS documenti di data certa dai quali possano evincersi la effettiva esistenza e la durata del rapporto di lavoro nonché la misura della retribuzione, va interpretata nel senso che, salvo il caso che si accerti la fittizietà dei documenti, la prova scritta dell'esistenza e durata del rapporto esime da ogni prova circa il concreto svolgimento dell'attività lavorativa”.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente nei confronti dell’INPS al fine di ottenere la costituzione della rendita vitalizia per rimediare all'omissione contributiva di sedici settimane verificatasi in suo danno nel periodo compreso tra il 1970 ed il 1974.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo provata solamente la data di inizio e di conclusione del rapporto di lavoro, ma non anche la prova dello svolgimento della prestazione nelle sedici settimane in questione.

La sentenza

La Cassazione - ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva preliminarmente che il lavoratore, che intenda sostituirsi al datore di lavoro ai fini della costituzione in suo favore della rendita vitalizia, deve fornire (mediante documenti aventi data certa) le prove del rapporto di lavoro e della relativa retribuzione percepita.

Secondo i Giudici di legittimità, è possibile anche l’ausilio della prova orale, ma solo se c’è bisogno di conferire data certa ai documenti oppure vi è necessità di provare una diversa durata del rapporto o la misura della retribuzione.

Per la sentenza, una volta provata l’esistenza del rapporto, invece, non vi è alcuna esigenza di provare l'effettivo svolgimento dell'attività lavorativa, posto che il datore (in presenza di un rapporto di lavoro giuridicamente in essere) è obbligato a corrispondere la contribuzione anche in assenza della prestazione.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso del dipendente e cassa con rinvio l’impugnata pronuncia.

A cura di WST