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Cassazione: la validità delle causali legittima la somministrazione a tempo determinato


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Con l’ordinanza n. 23665 del 28.09.2018, la Cassazione, in tema di somministrazione a tempo determinato (afferente alla normativa anteriore al 2014, ritornata in auge dopo l’emanazione del Decreto Dignità), afferma che l’accertata validità delle causali esclude il carattere fraudolento dei contratti a termine stipulati dal lavoratore.

Il fatto affrontato

Il lavoratore - posto che, nel periodo compreso tra l’aprile 2012 ed il luglio 2014, era stato più volte inviato in missione presso il medesimo utilizzatore, tramite una serie di contratti a tempo determinato stipulati con l'agenzia di somministrazione - ricorre giudizialmente al fine di richiedere l’accertamento dell'illegittimità di detti contratti a termine (stante il difetto del requisito della temporaneità dell'occasione di lavoro) e la conseguente costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in capo all'utilizzatore.

L’ordinanza

La Cassazione ritiene di non poter aderire alla censura mossa alla pronuncia di merito da parte del lavoratore, secondo cui la stipula in successione di contratti di somministrazione di volta in volta prorogati o rinnovati sarebbe dissimulatoria di un rapporto unico, sottendendo un'esigenza organizzativa e produttiva a carattere continuativo, come tale incompatibile con un rapporto a termine.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, il mero dato temporale non sarebbe idoneo ad attestare il carattere fraudolento dei contratti di somministrazione a tempo determinato, laddove venga dimostrata l’insorgenza di reiterate esigenze periodiche di natura temporanea non fronteggiabili con l'ordinario organico e pacificamente riferibili all'ordinaria attività aziendale.

Conseguentemente, per la sentenza, una volta accertata la validità formale delle ragioni legittimanti il ricorso alla somministrazione (quali, esemplificativamente: punte di produzione, acquisizione di commesse non previste, sostituzione di lavoratori assenti) e la coerenza dell'impiego del lavoratore somministrato con tali esigenze, non residua in favore del giudice alcuno spazio di verifica in relazione alla concreta organizzazione aziendale, vista l’insindacabilità delle scelte organizzative dell'imprenditore, tutelata a livello costituzionale dall’art. 41.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal lavoratore, confermando la legittimità della condotta tenuta dall’agenzia di somministrazione e dall’azienda utilizzatrice.

A cura di Fieldfisher