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Cassazione: il dipendente può accusare l’azienda di malafede nella lettera di giustificazione degli addebiti disciplinari


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Con l’ordinanza n. 16590 del 22.06.2018, la Cassazione afferma che non travalica il diritto di difesa il dipendente che, nel corso di un procedimento disciplinare, accusa di malafede l'azienda nel giustificare gli addebiti. Le frasi sconvenienti od offensive contenute in uno scritto difensivo, infatti, non costituiscono illecito disciplinare né determinano un danno ingiusto.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento intimatogli dalla società per avere, in sede di giustificazioni rese in relazione ad una precedente contestazione, relativa ad assenza ingiustificata dal lavoro per i giorni dal 9 al 16 marzo 2011, travalicato il proprio diritto di difesa formulando accuse di particolare gravità nei confronti della società (con utilizzo di espressioni contenenti il riferimento ad "addebiti contestati in assoluta malafede", all'avere il datore di lavoro "costruito a tavolino una serie di accuse infamanti e pretestuose" "sulla base di false affermazioni", all'ulteriore assunto secondo cui "non si comprende, se non nella logica della malafede, il perchè l'azienda, pur in presenza di una lunga assenza ... non mi abbia contattato per avere informazioni").

L’ordinanza

La Cassazione, ribaltando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che non costituisce illecito disciplinare, né fattispecie determinativa di danno ingiusto, attribuire al proprio datore di lavoro, in uno scritto difensivo, atti o fatti, pur non rispondenti al vero, concernenti in modo diretto ed immediato l'oggetto della controversia, ancorché tale scritto contenga espressioni sconvenienti od offensive.

Ciò in quanto, secondo i Giudici di legittimità, l'esercizio del diritto di difesa - coperto da intangibile garanzia, grazie all'art. 24 Cost., anche in sede di procedimento disciplinare ex art. 7 della l. 300/1970 - non è affatto condizionato dai requisiti di verità, continenza e pertinenza, attinenti, invece, all'esercizio del diverso diritto di cronaca.

Ulteriormente, per la sentenza, il tenore della missiva di giustificazioni deve essere valutato, in sede interpretativa, alla luce della dichiarata finalità difensiva, essendo il lavoratore legittimato ad esprimersi mediante un giudizio od un'opinione su cose o persone, opinione che, in quanto tale, non può essere rigorosamente valutata in termini di verità ed obiettività.

Sulla base di tali presupposti, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, considerando la sua condotta un legittimo esercizio del diritto di difesa e non già un inadempimento contrattuale o peggio un azione delittuosa.

A cura di Fieldfisher