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Parlamento UE - Salario minimo , ce lo chiede l' Europa ?


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Ipotizzata da anni e sempre rimandata, la direttiva sul salario minimo potrebbe essere in dirittura di arrivo. Il Parlamento UE ha infatti approvato lo scorso giovedì, con 443 voti a favore, 192 contro e 58 astensioni, il mandato a trattare con il Consiglio Europeo, ossia l'organismo dei capi di stato o di governo degli Stati membri che definisce priorità e indirizzi politici generali dell'Unione europea, sulla proposta di nuove misure volte a garantire salari equi e dignitosi per i lavoratori. 

I colloqui inizieranno una volta che il Consiglio avrà concordato la propria posizione entro il mese di gennaio 2022. Da quel momento sarà necessario un ultimo sforzo per concludere i negoziati interni alle istituzioni e adottare ufficialmente la direttiva in tempi brevi. 

La proposta di direttiva sul salario minimo presentata dalla Commissione UE nell’ottobre 2020, vede tuttora posizioni divergenti soprattutto tra le organizzazioni delle imprese, convinte che la determinazione dei salari sia una questione nazionale da trattare conformemente alla caratteristiche specifiche dei rispettivi sistemi nazionali, al contrario dei sindacati concordi sulla necessità di un intervento  ( sul punto : CESE - Il parere di imprese e lavoratori sul salario minimo ).

Il Consiglio già prima della proposta, si era confrontato sull'argomento formulando delle conclusioni molto caute che lasciavano presagire una certa reticenza a intervenire sulla materia a livello UE. Sulla bilancia da una parte il contributo all’innalzamento degli standard di protezione sociali , dall'altra il timore di un effetto destabilizzante per l'economia nel suo complesso. 

La relazione illustrativa sulla direttiva inviata dal Parlamento, su cui si basa il mandato a negoziare con il Consiglio, smentisce questi timori e sposa un approccio estremamente consapevole e realistico. Dal momento che target giuridicamente vincolanti circa l'introduzione di salari minimi legali e la loro quantificazione verrebbero certamente respinti, almeno da una parte degli Stati membri, il Parlamento ha scelto di rimanere sul piano delle raccomandazioni, cercando di migliorare il contenuto della proposta nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.

La direttiva presentata da Bruxelles rispetta, infatti, i diversi approcci alla materia presenti negli Stati membri, l’autonomia delle parti sociali e la libertà della contrattazione collettiva, e si propone più come un quadro di riferimento per fare in modo che i livelli minimi di retribuzione dei lavoratori siano proporzionati, applicati correttamente, aggiornati nel tempo e monitorati. 

Nei fatti non si impone l'istituzione di un salario minimo nei paesi che non lo prevedono, ma ci si limita a promuovere l'adeguatezza e il rispetto dei regimi di salario minimo dove sono già presenti e a spingere gli Stati membri che non li prevedono ad assicurare l'applicazione delle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi. 

In particolare, la proposta di direttiva prova a migliorare le condizioni salariali nell'Unione in tre modi:

  • favorendo l'adeguatezza dei salario minimo legale mediante la definizione di criteri stabili e chiari per determinarli e aggiornarli anche attraverso un maggiore coinvolgimento delle parti sociali per la loro definizione;
  • promuovendo la contrattazione collettiva in tutti gli Stati membri, in particolare in quelli in cui la copertura della contrattazione collettiva è inferiore al 70% dei lavoratori;
  • richiedendo il monitoraggio in tutti gli Stati membri, anche mediante relazioni annuali da fornire alla Commissione, unitamente a un dialogo strutturato sul tema.

La direttiva prevede infatti che a stabilire salari minimi debbano essere solo i Paesi che non lo prevedano; laddove la contrattazione collettiva tutela almeno l'80 per cento dei lavoratori, come in Italia, non sarà necessario un intervento per l'adozione di un salario minimo legale. 

La Commissione UE riconosce che in paesi come l’ Italia " caratterizzati da un'elevata copertura della contrattazione collettiva, si registra una tendenza ad avere una percentuale inferiore di lavoratori a basso salario, il salario minimo è tedenzialmente più elevato rispetto al salario mediano e si registrano minori disuguaglianze salariali con salari più elevati" .

Ogni Stato Membro dovrà, invece, garantire che almeno l’80% dei lavoratori sia coperto dalla contrattazione collettiva e nessuno Stato europeo potrà chiamarsi fuori dalla sua applicazione oltre a dover presentare un piano biennale che verrà monitorato anche dal Parlamento Europeo

Se si analizzano i 22 contratti rinnovati da sindacati e Confindustria negli ultimi 17 mesi, e se si estende l'analisi anche ai 30 contratti più diffusi nei settori industriali, i numeri della contrattazione in Italia confermano quanto sopra. Rispetto alle richieste pendenti in Parlamento che prevedono un salario minimo di 9 euro l'ora ( sul punto : Salario minimo legale – Rischi e opportunità nei DDL ), il contratto metalmeccanico parte da un minimo di 10 euro l'ora per la qualifica più bassa fino a 16,31 euro per il livello più alto. Per la chimica, si parte da un minimo di 11,39 euro/ora fino a 20,16 per la qualifica più elevata.

I dati INPS esposti nel corso delle audizioni per la conversione dei Disegni di Legge hanno evidenziato che, le valutazioni circa l’incidenza della misura non può che prescindere dal settore produttivo. Come evidenziato dall’ Istituto previdenziale, il maggior numero di rapporti di lavoro al di sotto di 9 euro orari si trovano nel noleggio, nelle agenzie di viaggi e nei servizi alle imprese (con 688 mila rapporti di lavoro sotto soglio per 1.736 milioni di euro di retribuzioni lorde), nell’attività manifatturiera (con 672 mila rapporti di lavoro e 1.508 milioni di euro di retribuzioni) e nei servizi di alloggio e ristorazione (con 571 mila rapporti di lavoro e 1.059 milioni di euro di retribuzioni). Nella classifica seguono i lavoratori domestici (482 mila rapporti di lavoro e 1.912 milioni di euro di retribuzioni) e gli operai agricoli (414 mila rapporti e 312 milioni di retribuzioni). Infine, secondo le stime INPS, sarebbero 4,3 milioni i rapporti di lavoro al di sotto della soglia dei 9 euro ora e in 9,7 miliardi di euro ( 2,3% del monte salari complessivo ) il costo del salario minimo per le aziende.

Nel frattempo, con le ultime dichiarazioni rilasciate ai quotidiani nazionali, il Ministro del Lavoro sembra aver tracciato quello che sarà il futuro percorso di attuazione della direttiva e che vedrà nel confronto con i sindacati e nel rafforzamento della contrattazione collettiva i suoi punti cardine. Perchè ciò avvenga -  sostiene il Ministro - risulta fondamentale lavorare sull'effettiva titolarietà di chi porta avanti le trattative sindacali e marginare l'esplosione dei contratti pirata, sottoscritti da sigle con pochissimi iscritti ma comunque in grado di condizionare il mercato del lavoro con il fenomeno del dumping contrattuale. 

Il recepimento della direttiva sarà il momento in cui le diverse visioni sul modo di tutelare i lavoratori più deboli dovranno necessariamente trovare una quadra. La direttiva riconosce le prassi nazionali sulla fissazione dei salari, dunque non impone le modalità, e riconosce anche l'efficacia erga omnes dei contratti collettivi. Con il riferimento a condizioni minime elimina qualunque riferimento alla produttività, e vieta le compensazioni del minimo con altri strumenti di welfare.

 

S.P.