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Cassazione: non spetta l’indennità di vacanza contrattuale se l’azienda appartiene ad un settore in crisi


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Con la sentenza n. 24483 del 10.09.2021, la Cassazione afferma che non può essere considerata una clausola meramente potestativa quella che rinvia l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale ai lavoratori, a condizione che la stessa sia determinata da una accertata crisi del settore di appartenenza dell’azienda datrice.

Il fatto affrontato

Tre lavoratori ricorrono giudizialmente nei confronti della società datrice, al fine di ottenere il pagamento della c.d. indennità di vacanza contrattuale relativa al CCNL applicato, per il periodo 01.01.2006 – 31.08.2010.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, deducendo che era intervenuto un accordo tra l’associazione datoriale firmataria del contratto collettivo e le 00.SS., in forza del quale era stato riconosciuto che la corresponsione della una tantum a copertura degli arretrati contrattuali rappresentava un diritto inderogabile dei lavoratori, procrastinato - nella quantificazione e nell'erogazione - a causa della crisi economico-finanziaria in cui versava il settore.

La sentenza

La Cassazione rileva, preliminarmente, che deve essere censurata la pronuncia d’appello nella parte in cui enfatizza il passo del verbale, siglato dalle parti sociali interessate, in cui si riconoscerebbe che l’una tantum è un diritto inderogabile dei lavoratori.

Per la sentenza, infatti, nella materia sindacale il dato letterale non è sufficiente per interpretare la comune volontà delle parti, perché la contrattazione ha un iter complesso che tiene in considerazione vari fattori, anche esterni ed indipendenti dalla volontà degli stipulanti.

Secondo i Giudici di legittimità, inoltre, la clausola che rinvia la quantificazione e l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale a causa della conclamata ed accertata crisi di settore non può essere considerata una condizione meramente potestativa, posto che la stessa si configura solo quando l’inadempimento o l’omissione dipende dall’esclusivo arbitrio di una parte.

Non ritenendo integrata quest’ultima circostanza nel caso di specie, la Suprema Corte accoglie il ricorso della società, dichiarando la non debenza della richiesta una tantum.

A cura di Fieldfisher