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Cassazione: le conseguenze retributive del mutamento del CCNL applicabile


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Con l’ordinanza n. 31148 del 21.10.2022, la Cassazione afferma che, in caso di sostituzione, per modifica negoziale, di una fonte collettiva ad un'altra, il lavoratore non può far valere il principio di irriducibilità della retribuzione pretendendo il trattamento retributivo previsto in relazione al CCNL originariamente applicato.

Il fatto affrontato

La Corte d’Appello rigetta la domanda della dipendente che, deducendo l’illiceità del mutamento del contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro, aveva chiesto il pagamento delle differenze retributive spettanti sulla base del vecchio CCNL.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che la modifica negoziale della fonte collettiva applicabile al rapporto risulta essere espressione della libera esplicazione dell'autonomia privata riconosciuta ai sensi dell'art. 1322 c.c.

Secondo i Giudici di legittimità, dal momento che il contratto collettivo costituisce fonte eteronoma di integrazione del contratto individuale, detta sostituzione non rientra nell’alveo di applicazione dell'art. 2077 c.c.

In tali ipotesi, continua la sentenza, sono possibili anche modificazioni in pejus per i lavoratori con il solo limite dei diritti quesiti.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla lavoratrice, considerando non dovute le richieste differenze retributive.

A cura di Fieldfisher