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Cassazione: gli aumenti contrattuali retroattivi spettano anche ai lavoratori non più in servizio?


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Con la sentenza n. 29906 del 25.10.2021, la Cassazione afferma che, per escludere l'applicabilità degli effetti retroattivi del nuovo contratto collettivo ai lavoratori cessati dal servizio anteriormente alla data di conclusione dello stesso, è necessario che le parti sociali limitino detti benefici ai soli dipendenti ancora in organico.

Il fatto affrontato

Il dirigente propone ricorso per decreto ingiuntivo al fine di ottenere le differenze retributive maturate dal 01.01.2002 al 31.12.2005, per effetto dell'applicazione degli aumenti contrattuali previsti, per detto quadriennio, dal CCNL applicato al rapporto.
Nel proporre opposizione a tale decreto, l’azienda deduce la non debenza delle somme ingiunte a fronte della cessazione del rapporto intervenuta il 31.08.2006 e, quindi, antecedentemente alla firma del rinnovo contrattuale prevedente gli aumenti richiesti.
La Corte d’Appello accoglie la domanda spiegata dal lavoratore, sul presupposto che, ove contenga clausole migliorative ad efficacia retroattiva, il CCNL è applicabile indistintamente a tutto il personale in servizio nel periodo di riferimento, anche se non più in organico alla data di sottoscrizione del nuovo contratto.

La sentenza

La Cassazione – confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello – rileva che il dipendente che sia iscritto ad una associazione sindacale e, così, abbia dato mandato alla stessa per la stipulazione di un nuovo CCNL, ha diritto all'applicazione delle disposizioni contenute in tale contratto anche in ipotesi di sottoscrizione successiva alla data in cui il suo rapporto di lavoro è terminato.

Secondo i Giudici di legittimità, ciò a condizione che le parti contraenti abbiano espressamente attribuito efficacia retroattiva al nuovo contratto senza alcuna distinzione fra i dipendenti ancora in essere e quelli non più in servizio alla data della stipulazione.

Per giungere ad una diversa conclusione, per la sentenza, è infatti necessario che le parti sociali, nell'esercizio della loro autonomia collettiva, prevedano espressamente che determinati aumenti della retribuzione, riconosciuti con effetto retroattivo, spettino unicamente ai lavoratori in organico alla data del rinnovo, e non anche ai lavoratori cessati dal servizio.

Non sussistendo quest’ultima ipotesi nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società e conferma la debenza delle somme richieste dall’ex dipendente.

A cura di Fieldfisher