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Cassazione: quando può dirsi legittimo il rifiuto di adempiere ad un ordine datoriale?


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Con l’ordinanza n. 10227 del 18.04.2023, la Cassazione afferma che il dipendente può legittimamente opporre un rifiuto all’esecuzione di un ordine datoriale solo nel caso in cui detta condotta sia improntata a correttezza e buona fede e non rappresenti, invece, un pretesto per sottrarsi agli obblighi scaturenti dal contratto di lavoro.

Il fatto affrontato

I dipendenti impugnano giudizialmente la sanzione della sospensione irrogata loro perché, aderendo ad una protesta indetta dal sindacato, si erano rifiutati di eseguire l’ordine di servizio con cui gli veniva chiesto di svolgere la prestazione lavorativa a partire dalle ore 4.25 e, quindi, in anticipo rispetto all'orario ordinario delle 5.00.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, anche a fronte dell'assenza di profili di pericolo o illiceità insiti nell'ordine.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che nei contratti a prestazioni corrispettive, come quello di lavoro, qualora una delle parti adduca, a giustificazione della propria inadempienza, l'inadempimento dell'altra, è necessario procedere alla valutazione comparativa dei comportamenti.

A tal fine, per la sentenza, non va considerato tanto il mero elemento cronologico quanto i rapporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute rispetto alla funzione economico sociale del contratto.

Secondo i Giudici di legittimità, parametro della valutazione è il rispetto dei reciproci obblighi di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. e, quindi, ai sensi dell'art. 1460 c.c., affinchè l'eccezione di inadempimento sia legittima deve essere conforme a buona fede e non pretestuosamente strumentale all'intento di sottrarsi alle proprie obbligazioni contrattuali.

Non rinvenendo quest’ultima circostanza nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dai lavoratori.

A cura di Fieldfisher