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Nuove istruzioni INAIL, bisognerà aggiornare i protocolli COVID ?


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L’ INAIL, coadiuvata dall’ Aifa (Agenzia italiana del farmaco) e dall’Istituto superiore di sanità, ha pubblicato in data 15 marzo un nuovo documento dal titolo “ Indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in tema di varianti e vaccinazione anti-COVID-19 “

Il documento fornisce indicazioni sullo stato della ricerca e l’eventuale aggiornamento delle misure precauzionali da adottare nelle aziende e dai propri lavoratori.

Non è ancora accertato che i ceppi mutati «siano associati a un quadro clinico più grave o se colpiscano di più alcune fasce di popolazione». È assodato però che, almeno il virus identificato per la prima volta nel Regno Unito, sia capace di diffondersi con maggiore facilità. 

Il documento individua ancora una volta nel distanziamento sociale la misura principale e maggiormente efficace contro l’infezione e chiarisce che, a fronte della circolazione di varianti del virus SarsCov2, per il distanziamento fisico un metro rimane la distanza minima da adottare, ma è raccomandato aumentarla «fino a due metri, laddove possibile e specie in tutte le situazioni in cui venga rimossa la protezione respiratoria come, ad esempio, in occasione del consumo di bevande e cibo o nelle aziende in cui è richiesto lo stretto contatto fra lavoratori». 

Inoltre - continua l’ INAIL - in caso di contatto stretto di un vaccinato con un contagiato continuano a restare necessarie tutte le precauzione, compresa la quarantena e l’isolamento. Solo il personale sanitario ne è esentato «fino a un’eventuale positività ai test o alla comparsa di sintomi». 

Per quanto riguarda le persone con pregressa infezione da SARS-CoV-2, il documento suggerisce la somministrazione di un’unica dose purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dall’infezione ed entro i 6 mesi dalla stessa». Fanno eccezione le persone con condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici, che, anche se hanno avuto il Covid, «devono essere vaccinate quanto prima e con un ciclo vaccinale di due dosi». 

Ad ogni modo - conclude l’ INAIL - da vaccinati bisogna continuare a comportarsi con tutte le cautele «La vaccinazione anti-COVID-19 è efficace nella prevenzione della malattia sintomatica, ma la protezione non raggiunge mai il 100%. Inoltre, non è ancora noto se le persone vaccinate possano comunque acquisire l’infezione da Sars-CoV-2 ed eventualmente trasmetterla ad altri soggetti, viene specificato nella relazione ( il riferimento è alle cd. infezioni asintomatiche ) Si sottolinea anche che alcune varianti «possano eludere la risposta immunitaria» data dai vaccini. «Segnalazioni preliminari suggeriscono una ridotta attività neutralizzante degli anticorpi di campioni biologici ottenuti da soggetti vaccinati con i vaccini a mRNA nei confronti di alcune varianti, come quella Sudafricana, e un livello di efficacia basso del vaccino di AstraZeneca nel prevenire la malattia di grado lieve o moderato nel contesto epidemico sud-africano».

Nel frattempo i lavoratori vaccinati, inclusi ovviamente gli operatori sanitari nei luoghi di lavoro, dovranno continuare a utilizzare tutte le misure precauzionali prescritte con il Protocollo del 24 aprile, sul quale vale la pena di iniziare a riflettere sull’ eventualità di procedere con un aggiornamento. 

Nel complesso impianto normativo, il Protocollo rappresenta una funzione portante dal quale non è possibile prescindere in sede di valutazione dei rischi e programmazione di uno standard minimo di protezione e prevenzione, integrabile con ulteriori misure equivalenti o più incisive perchè aderenti alle peculiarità dell’ organizzazione aziendale. 

Se il datore di lavoro è chiamato ad adempiere all’obbligo di sicurezza recependo gli avanzamenti acquisiti dalla scienza e dalla tecnica, andrebbe valutata la possibilità di ricorrere a test antigenici per i soggetti asintomatici e pre-sintomatici. Soluzioni di questo genere, se concordate con il medico competente, sembrano al momento la soluzione maggiormente efficace per contenere il rischio del contagio. 

Analogamente nel caso non marginale del rischio interferenziale di contagio rilevato in occasione di una trasferta o distacco di un lavoratore presso il committente, potrebbe rappresentare una condizione essenziale per la trasferta l’accertamento preventivo dello stato di salute tramite test antigenico. 

Ovviamente, in entrambi i casi, non può essere eluso il delicato tema dell’ adesione del lavoratore e del suo consenso al trattamento sanitario, eventualmente previsto dal protocollo e prescritto dal medico competente.

ACDR