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Cassazione: il lavoratore può sostenere che l’appalto è un contratto a favore di terzi?


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Con la sentenza n. 18686 del 09.09.2020, la Cassazione afferma il seguente principio di diritto: “Qualora, in un contratto di appalto pubblico di servizi, un'impresa appaltatrice assuma nei confronti dell'amministrazione committente l'obbligo di fornire e organizzare idoneo personale, debitamente formato in relazione alle peculiarità del servizio, indicandone anche il livello di inquadramento, la pattuizione tra le due parti è diretta alla definizione dello standard qualitativo del servizio esigente la presenza di figure professionali adeguate. Ma non si configura un vantaggio per il terzo lavoratore, dipendente della prima, che le parti abbiano consapevolmente assunto quale oggetto di un deliberato proposito, comportante l'obbligo dell'impresa, quale promittente, nei confronti dell'amministrazione, quale stipulante, in favore del terzo, che lo renda titolare di una prestazione patrimoniale diretta, attribuendogli per ciò solo il diritto ad una qualifica superiore che egli possa autonomamente azionare”.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di richiedere all’azienda datrice delle differenze retributive, a fronte dell’inquadramento nel livello superiore a quello riconosciutogli.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo deduce di aver svolto la propria prestazione in esecuzione di un contratto d’appalto, siglato dalla società datrice con un ente pubblico, che aveva ad oggetto la messa a disposizione - per il servizio di custodia e vigilanza di un sito archeologico - di personale idoneo, inquadrato nel livello richiesto dal ricorrente.
La Corte d’Appello accoglie la domanda, sulla scorta dell’obbligo originato, in capo al datore, dal contratto d’appalto, riconducibile al modello di cui all’art. 1411 c.c. (contratto a favore di terzo).

La sentenza

La Cassazione - ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - afferma, preliminarmente, che nella fattispecie disciplinata dall’art. 1411 c.c., il terzo è titolare di una prestazione patrimoniale che è diretta e non può essere il risultato meramente riflesso (o mediato) della prestazione dovuta dal promittente allo stipulante.

Per i Giudici di legittimità, ciò significa che per la configurabilità di un contratto a favore di terzo non è sufficiente che questi riceva un vantaggio economico indiretto dal contratto intervenuto tra altri soggetti, ma è necessario che i contraenti abbiano inteso direttamente attribuirglielo, prevedendo volutamente una prestazione a favore di un estraneo, come elemento del sinallagma.

Per la sentenza, detta circostanza non è presente nel caso di specie, ove la pattuizione contenuta nel contratto d’appalto era diretta a definire lo standard qualitativo del servizio da realizzare, senza però rendere i lavoratori interessati titolari di una prestazione patrimoniale diretta azionabile nei confronti del datore.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della società, non essendo il dipendente titolare di un proprio diritto sulla scorta delle previsioni del contratto d’appalto.

A cura di Fieldfisher