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Cassazione: i limiti dell’azione diretta del lavoratore nei confronti del committente


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Con l’ordinanza n. 33407 del 17.12.2019, la Cassazione afferma che l'art. 1676 c.c. riconosce ai dipendenti dell'appaltatore la possibilità di esperire un'azione diretta nei confronti del committente per ottenere soltanto quanto agli stessi dovuto in relazione all'attività che hanno svolto con riferimento all'opera o al servizio appaltato.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dopo aver svolto la propria attività nell’ambito di un contratto d’appalto ed essere stato licenziato dalla società datrice, propone ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti del committente, per ottenere la somma riconosciutagli giudizialmente a titolo di risarcimento del danno per illegittimità del recesso.

L’ordinanza

La Cassazione - confermando la statuizione della Corte d’Appello - ribadisce che l'articolo 1676 c.c. attribuisce ai dipendenti dell'appaltatore un’azione diretta, per conseguire quanto loro dovuto per effetto dell'attività prestata in relazione all'opera o servizio appaltato, nei confronti del committente.

Secondo i Giudici di legittimità, lo scopo dell'articolo 1676 c.c. è quello di determinare l’indisponibilità del credito dell'appaltatore-datore nei confronti del committente, al fine di garantire i lavoratori che hanno prestato la loro opera per la esecuzione dell'appalto.
Ne consegue che, dal momento in cui gli ausiliari dell'appaltatore si rivolgono al committente questi diviene diretto debitore, in solido con l'appaltatore, fino alla concorrenza del proprio debito per il corrispettivo dell'appalto.

Per la sentenza, logica conseguenza della ratio sottesa alla norma è che l'azione diretta proposta dal dipendente dell'appaltatore contro il committente per conseguire quanto gli è dovuto è prevista dall'art. 1676 c.c. con riferimento al solo credito maturato dal prestatore in forza dell'attività svolta per l'esecuzione dell'opera oggetto dell'appalto e non anche con riferimento ad ulteriori crediti, seppur relativi al medesimo rapporto di lavoro.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del lavoratore, non operando il regime di solidarietà per le somme liquidate a titolo di risarcimento del danno da licenziamento illegittimo.

A cura di Fieldfisher