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Cassazione: condizioni di legittimità degli appalti c.d. endoaziendali


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Con l’ordinanza n. 7818 del 10.03.2022, la Cassazione afferma che il divieto di intermediazione illecita di manodopera, in riferimento agli appalti "endoaziendali", opera ogniqualvolta l'appaltatore curi i rapporti di lavoro esclusivamente da un punto di vista amministrativo senza assumersi alcun rischio economico.

Il fatto affrontato

La lavoratrice ricorre giudizialmente al fine di richiedere la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della società che aveva appaltato servizi infermieristici e di assistenza ausiliaria all’azienda sua formale datrice.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, sul presupposto che quest’ultima impresa aveva in concreto organizzato e gestito autonomamente i propri dipendenti.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - rileva che, in riferimento agli appalti "endoaziendali", caratterizzati dall'affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, si integra una interposizione illecita di manodopera tutte le volte in cui l'appaltatore metta a disposizione del committente esclusivamente una prestazione lavorativa.

In particolare, per la sentenza, si ricade in detta fattispecie laddove rimangano in capo all'appaltatore i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie), senza che ci sia da parte dello stesso una reale organizzazione della prestazione finalizzata ad un risultato produttivo autonomo, né una assunzione di rischio economico.

Secondo i Giudici di legittimità, tale ipotesi è esclusa nel caso di specie, ove l’appaltatore, non solo aveva un consistente numero dei dipendenti e svolgeva attività anche a favore di altri soggetti, ma organizzava e gestiva autonomamente i propri dipendenti, anche in relazione alla formazione del personale ed alla fornitura delle divise e dei dispositivi di protezione individuale.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla lavoratrice, confermando la genuinità dell’appalto cui era adibita.

A cura di Fieldfisher