Giudizio di primo grado

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Cassazione: nel rito del lavoro, è possibile modificare la domanda introduttiva del giudizio?


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Con la sentenza n. 29596 del 24.12.2020, la Cassazione afferma che, nel processo del lavoro, le parti laddove ricorrano gravi mortivi e via sia una previa autorizzazione del giudice possono modificare la domanda, senza però alterare la causa petendi ed il petitum del giudizio.

Il fatto affrontato

La lavoratrice ricorre giudizialmente al fine di sentir dichiarare l’illegittimità del suo trasferimento e la natura vessatoria di tale decisione datoriale.
Solo nelle note conclusive, la stessa modifica la propria domanda, deducendo che il trasferimento doveva considerarsi illegittimo perché disposto in violazione dell’art. 33 della L. 104/1992.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, ritenendo - peraltro - sussistenti le ragioni tecniche, organizzative e produttive sottese all’impugnato trasferimento.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - afferma che, nel processo del lavoro, è consentita una modifica della domanda, ma solo a condizione che ricorrano gravi motivi e vi sia una preventiva autorizzazione del giudice.

Secondo i Giudici di legittimità, soltanto in presenza di tali imprescindibili requisiti, le parti possono modificare, ex art. 420 c.p.c., domande, eccezioni e conclusioni già formulate.

Tuttavia, continua la sentenza, le parti non possono mai proporre domande nuove per causa petendi (ragione su cui si fonda la domanda) o petitum (oggetto della domanda), neppure con il consenso – esplicito ovvero implicito - della controparte.

Su tali presupposti – ritenendo il richiamo all’art. 33 della L. 104/1992 da intendersi come inserimento di un fatto nuovo a fondamento della pretesa – la Suprema Corte rigetta il ricorso della lavoratrice e conferma la legittimità del suo trasferimento.

A cura di Fieldfisher