Giudizio di primo grado

Stampa

Cassazione: i motivi di impugnazione del recesso non possono essere modificati in corso di causa


icona

Con la sentenza n. 9675 del 05.04.2019, la Cassazione, viste le regole del rito del lavoro, afferma che si rientra nell’ipotesi di un'inammissibile domanda nuova, ogniqualvolta il lavoratore, dopo aver impugnato il licenziamento subito, nel corso del giudizio di primo grado o in sede di impugnazione, prospetti un profilo di illegittimità del recesso non tempestivamente dedotto.

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento disciplinare irrogatole, deducendo la mancanza di giusta causa.
A seguito del rigetto della domanda da parte del Tribunale, la medesima, nel ricorso in appello, eccepisce per la prima volta la nullità del recesso per violazione dell’art. 55 bis del D.lgs. n. 165/2001 nella parte in cui dispone che il procedimento disciplinare deve essere concluso entro il termine di 120 giorni dalla sua apertura.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dal Tribunale e dalla Corte d’Appello, afferma, preliminarmente, che la causa petendi dell'azione proposta dal lavoratore per contestare la validità e l'efficacia del licenziamento va individuata nello specifico motivo di illegittimità dell'atto dedotto nel ricorso introduttivo, in quanto ciascuno dei molteplici vizi, dai quali può derivare l’illegittimità del recesso, discende da circostanze di fatto che è onere dei ricorrente dedurre ed allegare.

Per la sentenza, ne consegue che costituisce inammissibile domanda nuova la prospettazione, nel corso del giudizio di primo grado e, a maggior ragione, in sede di impugnazione, di un profilo di illegittimità del licenziamento non tempestivamente dedotto.

Secondo i Giudici di legittimità, inoltre, nella materia dei licenziamenti, non è possibile un intervento officioso del giudice neppure in presenza di circostanze in grado di determinare la dichiarazione di nullità del recesso.
Il principio della non rilevabilità d'ufficio di un motivo di nullità del licenziamento non denunciato tempestivamente in giudizio si fonda, infatti, sulla necessità di coordinare quanto previsto dall'art. 1421 c.c. con i principi della domanda, della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e della disponibilità delle prove.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla lavoratrice, considerando come domanda nuova e, come tale, inammissibile la richiesta di declaratoria di nullità del licenziamento spiegata solo in sede d’appello.

A cura di Fieldfisher