Dopo l’avvio dell’ iter legislativo nel marzo 2024, il 23 settembre scorso la commissione per l’Occupazione e gli Affari Sociali del Parlamento Europeo ha approvato, con 42 voti favorevoli, 9 contrari e 6 astenuti, la propria posizione sulla nuova direttiva Ue in materia di tirocini, con l’obbiettivo dichiarato di migliorare le condizioni di lavoro dei tirocinanti e contrastare i tirocini fittizi.
La posizione, se approvata definitivamente durante la prossima sessione plenaria del parlamento, costituirà la base per i negoziati interistituzionali col Consiglio. La cosiddetta direttiva tirocini messa sul tavolo dalla Commissione europea nel marzo dello scorso anno a subito profonde modifiche che, secondo alcuni, ne hanno snaturato la finalità.
Nello specifico, i punti cruciali riguardano in primis l’obbligo di specificare in modo dettagliato nei contratti di tirocinio una serie di elementi fondamentali per “prevenire pratiche abusive nei confronti dei tirocinanti”. Tra queste: l’indicazione della retribuzione, gli obbiettivi formativi, la durata (limitata) del rapporto, le mansioni previste (di livello base), il tipo di protezione sociale offerta. Rimarrebbero esclusi dalla stretta i tirocini obbligatori in quanto parte di un percorso di studi o di apprendistato.
Altrettanto cruciale si rivela la protezione sociale, che equipara i tirocinanti agli altri lavoratori in materia di assicurazione e contribuzione: un aspetto di grande rilievo concreto, perché significa poter contare su assistenza sanitaria, contributi pensionistici e sostegni in caso di disoccupazione.
La proposta prevede inoltre l’istituzione di un tutor dedicato per ogni stage, un canale sicuro per segnalare possibili abusi e la netta distinzione tra semplice esperienza formativa e veri e propri contratti di lavoro.
Nella relazione della Commissione, tra i vari esempi di pratiche abusive, viene menzionato l’esempio di un tirocinante che svolge più tirocini o tirocini consecutivi presso lo stesso datore di lavoro anche per la stessa mansione. Un’ulteriore proposta avanzata dalla Commissione è di obbligare le aziende a condividere, su richiesta, i dati relativi al numero di tirocini, alla loro durata, alle condizioni di lavoro e altro ancora con le autorità nazionali competenti. Ciò potrebbe rivelarsi un valido strumento per gli Organi nazionali deputati alla vigilanza in materia di lavoro.
Sulla proposta nel suo complesso non sono comunque mancate delle perplessità. Il Consiglio dell’UE ha spinto per limitare l’applicazione ai soli stage con rapporto lavorativo formale, escludendo chi aderisce a programmi di istruzione o politiche attive. Non è mancato chi, come la Spagna, ha preso le distanze dall’ iniziativa “ perché troppo lontana rispetto agli obbiettivi inziali “, lamentando per altro l’assenza di settori che vantano il maggior numero di tirocini fittizi, di un principio di non discriminazione per i tirocinanti previsto nella proposta originaria e di specifici obblighi formativi per le aziende.
La nuova posizione trova, tuttavia, la sua giustificazione nella necessità di rispettare le specificità dei sistemi nazionali, garantendo il maggior grado di flessibilità possibile, ma date le reazioni tutt’altro che postive resta probabile che le trattative con i governi nazionali si rivelino difficili.
WST