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Tribunale di Bologna: il diritto del lavoratore disabile allo smart-working


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Con il decreto n. 2759 del 23.04.2020, il Tribunale di Bologna afferma che, durante l’emergenza epidemiologica, il lavoratore disabile ha diritto a svolgere la propria prestazione in regime di smart-working (sul medesimo tema si veda: Tribunale di Grosseto: illegittimo imporre le ferie se si può ricorrere al lavoro agile).

Il fatto affrontato

La lavoratrice, invalida al 60% e madre di una ragazza disabile grave, ricorre giudizialmente, ex art. 700 c.p.c., al fine di denunciare il fatto che la società datrice, nel periodo di emergenza epidemiologica, aveva illegittimamente rifiutato di farle svolgere la prestazione in smart-working - a differenza di altri colleghi del medesimo ufficio fiscale - mettendola in cassa integrazione.

Il decreto

Il Tribunale di Bologna rileva, preliminarmente, che i numerosi provvedimenti emergenziali emanati allo scopo di contenere la diffusione del COVID-19 hanno individuato come prioritario il ricorso allo smart-working.

Per il decreto, la normativa emanata durante la crisi epidemiologica ed, in particolare, l’art. 39 del DL 18/2020, ha previsto che lo svolgimento della prestazione in regime di lavoro agile rappresenti un vero e proprio diritto per i dipendenti invalidi o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità.
Condizioni queste, entrambi presenti nel caso di specie, con la conseguente pacifica sussistenza del requisito del fumus boni iuris.

Secondo il Giudice, poi, sussiste anche il requisito del periculum in mora, posto che la lavoratrice, invalida al 60%, e la figlia convivente, affetta da handicap, sono due soggetti gravemente esposti al rischio di contagio.
Vi è, dunque, più che fondato timore di ritenere che lo svolgimento dell’attività di lavoro in modalità ordinarie, uscendo da casa per recarsi in azienda, esponga la dipendente - durante il tempo occorrente per una pronuncia di merito - al rischio di un pregiudizio imminente ed irreparabile per la salute sua e della figlia.

Su tali presupposti, il Tribunale di Bologna accoglie il ricorso dell’impiegata ed ordina alla società di consentirle lo svolgimento delle mansioni contrattuali in modalità di smart-working.

A cura di Fieldfisher