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Invenzioni dei lavoratori: i diritti di utilizzazione economica


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L'articolo le " invenzioni dei lavoratori: i diritti di utilizzazione economica " compie una sintesi della disciplina relativa alla titolarità dei diritti di utilizzazione economica delle invenzioni dei lavoratori dipendenti da un lato, e dei lavoratori autonomi collaboratori coordinati e continuativi dall'altro, evidenziando gli elementi di continuità / discontinuità rispetto all'evoluzione giurisprudenziale e normativa

Le invenzioni dei lavoratori subordinati

La disciplina relativa ai diritti di utilizzazione economica delle invenzioni dei lavoratori subordinati è contenuta, come noto, in virtù del rinvio alle leggi speciali previsto nell’art. 2590 c.c., nell’art. 64 del Codice della Proprietà Industriale (D.Lgs. n. 30/2005).

Tale normativa non esaurisce, tuttavia, l’ambito di disciplina relativa alla titolarità dei diritti di utilizzazione economica dei prodotti dell’attività creativa dei dipendenti.

Anche le norme relative ai disegni, ai modelli, alle nuove varietà vegetali di cui rispettivamente agli artt. 38 e 111 CPI nonché quelle riguardanti i programmi per elaboratore e banche dati di cui all’art. 12-bis della Legge sul diritto d’autore (L. 633/1941) e, ancora, quelle riguardanti le opere fotografiche (art. 88 L. 633/1941) contengono disposizioni che contemplano l’ipotesi in cui l’opera dell’ingegno sia creata nell’esecuzione del contratto di lavoro.

Ebbene, tutte le norme citate prevedono, in caso di attività inventiva/creativa dei dipendenti, una deroga alla regola generale per cui il creatore ha diritto ad esserne riconosciuto autore e ad utilizzare economicamente il frutto della propria attività intellettuale, sancendo espressamente il principio per cui, se il prodotto inventivo/creativo nasce nell’ambito di un rapporto di lavoro, il relativo diritto di utilizzazione economica spetta al datore di lavoro.

Dal contesto normativo emerge, inoltre, un ulteriore principio generale: se il prodotto inventivo/creativo è creato grazie all’organizzazione aziendale ed al finanziamento di soggetti terzi, a questi spetta il relativo diritto di utilizzazione economica. In questo senso orientano le norme sul diritto d’autore che attribuiscono i diritti di utilizzazione economica alle Pubbliche Amministrazioni se l’opera è creata e pubblicata “sotto il loro nome ed a loro conto e spese” (art. 11), all’editore in caso di opere letterarie collettive (art. 38) e in caso di opere a contenuto scientifico (art. 84-quater), al produttore in caso di opere cinematografiche (art. 45).

Così delineato il quadro generale, esaminando le norme dedicate alle invenzioni – più strutturate rispetto a quelle previste per le altre tipologie di opere dell’ingegno – può rilevarsi come il diritto di utilizzazione economica da parte del datore di lavoro dell’invenzione creata da un proprio dipendente non venga messo in discussione dalla normativa.

Ciò di cui la normativa si preoccupa è di garantire al lavoratore un giusto compenso per l’attività inventiva. Così l’art. 64, primo comma, CPI richiede che l’invenzione creata in esecuzione e adempimento del contratto di lavoro sia espressamente prevista come oggetto del contratto e a tale scopo specificamente retribuita.

In mancanza di tali requisiti, i diritti di utilizzazione economica spettano comunque al datore di lavoro ma il lavoratore ha diritto ad un equo compenso per la cui determinazione occorre tenere conto dell’importanza dell’invenzione, delle mansioni svolte e della retribuzione percepita, nonché del contributo che il lavoratore ha ricevuto dall’organizzazione del datore di lavoro.

In sostanza, in sede contrattuale, il datore di lavoro deve scegliere se farsi carico dell’aleatorietà della realizzazione dell’invenzione, individuando l’attività inventiva di cui si aspetta la realizzazione e prevedendo un importo retributivo aggiuntivo compensativo dello sforzo richiesto al lavoratore per pervenire allo specifico risultato richiesto, ovvero non prevedere alcunché ed esporsi al rischio di dover elargire un importo nettamente superiore in sede di liquidazione dell’equo compenso. Importo superiore perché evidentemente tiene conto dell’utilità conseguita in capo al datore di lavoro e quindi direttamente proporzionale alla stessa.

Le invenzioni del lavoratore autonomo:

Le regole relative alla titolarità dei diritti di utilizzazione economica delle invenzioni/apporti originali dei lavoratori autonomi sono oggi contenute nell’art. 4 Legge n. 81/2017.
Prima di esaminare tale normativa, appare utile dare atto dell’evoluzione giurisprudenziale formatasi prima della regolamentazione normativa e del precedente normativo, inserito nell’ormai abrogata disciplina del contratto a progetto, anche al fine di cogliere le eventuali differenze.
Quando il tema delle invenzioni dei lavoratori era disciplinato solo con riferimento ai rapporti di lavoro subordinato, la giurisprudenza aveva elaborato un principio teso a riconoscere in capo al committente i diritti di utilizzazione economica dell’invenzione/apporto originario creato dal lavoratore autonomo.
In un primo momento, i giudici del lavoro hanno basato tale principio su un criterio di applicazione analogica delle regole pensate con riferimento al lavoro subordinato per poi considerare lo stesso insito nella disciplina del contratto d’opera ex art. 2222 c.c.
In particolare, con specifico riferimento alla creazione di modelli, una risalente giurisprudenza ha stabilito che se tali modelli sono effettuati in esecuzione di un contratto d’opera professionale ex art. 2222 c.c., i diritti di utilizzazione economica dei medesimi spettano al committente perché lo stesso acquista a titolo originario l’opera commissionata (Cass. 5527/1979).

Ancora, in relazione alla creazione di un’opera figurativa, è stato affermato che la realizzazione di un’opera in esecuzione di un contratto d’opera comporta in capo al committente la titolarità originaria dei diritti patrimoniali rientranti nell’oggetto e nelle finalità del contratto, con esclusione di ogni altro diritto patrimoniale esorbitante da tali limiti, quale la riproduzione (Cass. 12507/1992).

Più recentemente, con riferimento alla creazione di un’opera dell’ingegno consistente nella realizzazione di uno slogan per la pubblicità di un’autovettura, si è confermato che, trattandosi di opera soggetta alla disciplina del diritto d’autore, l’autore ne ha conservato la paternità in quanto creatore della stessa, ma – per effetto del contratto di prestazione d’opera professionale – il committente ne ha acquisito a titolo originario i diritti di utilizzazione economica nei limiti dell’oggetto e delle finalità del contratto (Cass. 13171/2016).

Con riferimento all’ipotesi di attività creative/inventive svolte nel contesto organizzativo/produttivo del committente, la dottrina giuridica – anche alla luce dei già descritti principi che trapelano dalla normativa sul diritto d’autore con riferimento alle opere letterarie collettive, alle opere a contenuto scientifico, alle opere cinematografiche – è compatta nell’attribuire i diritti di sfruttamento economico delle invenzioni/opere dell’ingegno al soggetto che ha sostenuto i costi dell’organizzazione nel cui ambito l’invenzione/opera creativa ha avuto modo di svilupparsi e, dunque, al committente, salvo il corrispettivo in origine previsto nel contratto per l’inventore.

Come rilevato, prime indicazioni legislative sono state fornite con riferimento ai contratti di collaborazione e, in particolare, ai contratti a progetto.

In particolare, le invenzioni dei collaboratori sono state disciplinate nella C.d. Legge Biagi che nel disciplinare l’ormai abrogato istituto del contratto a progetto, prevedeva, all’art. 65:

“il lavoratore a progetto ha diritto ad essere riconosciuto autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto.

I diritti e gli obblighi delle parti sono regolati dalle leggi speciali, compreso quanto previsto dall’art. 12-bis L. 633/1941”.

L’art. 12-bis L. 633/1941 riguarda la titolarità dei diritti di utilizzazione economica del programma per elaboratore o della banca dati creati dal lavoratore dipendente nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzione impartite dal datore di lavoro e attribuisce tale titolarità al datore di lavoro, salvo patto contrario.

Nel rinviare a tale disposizione, il legislatore ha dunque affermato il principio per cui il diritto di utilizzazione economica delle opere creative/inventive dei collaboratori a progetto spetta al committente, salvo patto contrario.

A seguito di tale previsione legislativa, sono emerse due distinte regole a seconda che l’invenzione/opera creativa fosse effettuata in esecuzione di un contratto d’opera o di un contratto di collaborazione.

Nel primo caso, secondo la giurisprudenza, la titolarità dei diritti di utilizzazione economica spetta ab origine, in virtù della “commissione”, in capo al committente, purché oggetto del contratto fosse l’attività inventiva/creativa.

Sembra derivarne, a contrario, laddove l’attività inventiva/creativa non costituisca oggetto della commissione, il mantenimento in capo al lavoratore dei diritti di utilizzazione economica dell’opera inventata.

Nel secondo caso, invece, i diritti di utilizzazione dell’opera spettano sempre al committente in considerazione delle particolari modalità di svolgimento del contratto di collaborazione che si avvicinano a quelle del lavoro subordinato e che presuppongono che il collaboratore svolga la propria attività beneficiando del coordinamento organizzativo e dell’apporto finanziario del committente.

Come si è anticipato, la disciplina del contratto a progetto è stata abrogata dall’art. 52, comma 1, D.Lgs. 81/2015, con decorrenza dal 25/6/2015.

Abrogazione che, con l’eliminazione del “progetto”, ha fatto “risorgere” il contratto di collaborazione coordinata e continuativa come scarnamente definito dall’art. 409, n. 3, c.p.c. “rapporti di coordinazione che si concretino in una prestazione d’opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”.

Il Jobs Act sul lavoro autonomo

Con il c.d Jobs Act sul lavoro autonomo, il legislatore si è nuovamente preoccupato di disciplinare le invenzioni effettuate in esecuzione di un contratto di lavoro autonomo.

L’art. 4 della Legge 81/2017, intitolato “Apporti originali e invenzioni del lavoratore”, stabilisce: “Salvo il caso in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata, i diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali ed a invenzioni realizzate nell’esecuzione del contratto stesso spettano al lavoratore autonomo, secondo le disposizioni di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633 ed al codice della proprietà industriale di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30”.

La disposizione recepisce l’orientamento giurisprudenziale formatosi con riferimento alle invenzioni effettuate in esecuzione di un contratto d’opera. Essa, infatti, prevede che i diritti di utilizzazione economica spettano al committente solo nel caso in cui l’attività inventiva costituisce oggetto del contratto e a tale scopo compensata. In caso contrario detti diritti di utilizzazione economica spettano all’autore/lavoratore autonomo, secondo la regola generale (regola di cui l’attribuzione di tali diritti al datore di lavoro costituisce una eccezione).

La medesima disposizione non regolamenta, invece, in modo specifico, l’ipotesi dell’attività inventiva resa nell’ambito di una collaborazione coordinata e continuativa, dimostrando così di non tenere in adeguata considerazione la giurisprudenza formatasi sul punto e la normativa legislativa relativa ai contratti a progetto che aveva recepita.

Si ricorda infatti che, secondo la giurisprudenza formatasi in materia e la disciplina normativa relativa all’abrogato contratto a progetto, l’invenzione effettuata in un contesto di collaborazione con il committente comportava la titolarità dei diritti di utilizzazione economica in capo al committente/finanziatore.

La norma contenuta nel Jobs act cambia le carte in tavola: in mancanza di uno specifico contratto tra le parti, anche laddove l’attività inventiva sia stata possibile perché effettuata in un contesto organizzativo, finanziario e di know-how gestito dal committente, che ha reso possibile o finanche facilitato il percorso che ha portato alla realizzazione dell’invenzione, comunque i relativi diritti di utilizzazione economica spettano all’autore se il relativo contratto di lavoro non ha natura subordinata.

Considerato che il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa pacificamente costituisce una species del genus lavoro autonomo, tale rapporto è – a rigore – da considerarsi assoggettato alla disciplina di cui all’art. 4 Legge n. 81/2017 in esame.

E’ evidente la portata dirompente di tale previsione e la conseguente necessità che le aziende impegnate sul fronte innovativo adeguino con accortezza i contratti con i lavoratori autonomi/parasubordinati che espletano in favore della stessa prestazioni con potenziale contenuto inventivo/creativo.

Non può inoltre non evidenziarsi come, di fronte ad una invenzione o apporto originale di particolare valore economico, l’esigenza del datore di lavoro, da un lato, e del lavoratore, dall’altro, di dimostrare la propria titolarità sui relativo diritti di utilizzazione economica possa portare a scenari paradossali.

Il datore di lavoro potrebbe, infatti, essere tentato di affermare e dimostrare che il rapporto di lavoro, configurato come di collaborazione coordinata e continuativa, si svolge in concreto nei termini e con le modalità tipiche della subordinazione. Dal canto suo, il lavoratore dovrebbe dimostrare il contrario, e cioè di non avere mai avuto un orario di lavoro, di non avere mai dovuto seguire direttive di alcun superiore gerarchico, di non essere mai stato assoggettato al potere disciplinare del presunto datore di lavoro.

In conclusione, sembra che, sul punto, sia inevitabile la prossima formazione di un orientamento giurisprudenziale che vada, ragionevolmente, a confermare gli orientamenti sinora consolidati.

Avv. Silvia Lucantoni - Senior Manager Fieldfisher