Stampa

La nozione di “giustificatezza” nel licenziamento disciplinare del dirigente.


icona

Con l’ ordinanza n. 26609 del 2.10.2025, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, torna a pronunciarsi sulla giustificatezza del licenziamento disciplinare del dirigente, confermando la legittimità del recesso intimato a un Direttore Generale, sul presupposto che il vincolo fiduciario che lega il dirigente al datore di lavoro può risultare compromesso anche qualora il dirigente si riveli inaffidabile e inadeguato rispetto al ruolo di responsabilità ricoperto. 

Il fatto

La vicenda riguarda il licenziamento disciplinare intimato ad un dirigente (nella fattispecie, un Direttore Generale) nel dicembre del 2018, al quale erano stati contestati due addebiti connessi alla partecipazione dell’azienda ad una gara d’appalto internazionale. In particolare, gli venivano imputate: (i) la mancata traduzione di documenti rilevanti ai fini della valutazione dell’offerta e (ii) un’istruttoria pre-gara insufficiente, che aveva indotto il datore di lavoro a sottovalutare alcuni elementi decisivi per la scelta di partecipare a tale gara. 

Tali omissioni, secondo la società, avevano inciso negativamente sul processo decisionale che aveva condotto all’aggiudicazione dell’appalto, poi rivelatosi sconveniente. 

Il dirigente adiva la Corte di Cassazione dopo che, nei primi due gradi di giudizio, il Tribunale e la Corte d’Appello di Roma avevano escluso la sussistenza della giusta causa del licenziamento, pur riconoscendone la giustificatezza, negando così al dirigente il diritto all’indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva. 

La sentenza  

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito.

La Suprema Corte ha, innanzitutto, ribadito che l’esercizio del potere disciplinare nei confronti dei dirigenti deve essere esercitato nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, e che, la tempestività della contestazione va valutata in senso relativo: la complessità della struttura aziendale può, infatti, giustificare anche un lasso di tempo considerevole tra il fatto contestato e il suo accertamento (nel caso di specie, i giudici dei precedenti gradi di giudizio avevano ritenuto tempestivi gli addebiti imputati al dirigente, sebbene gli episodi contestati risalissero a tre anni prima dell’avvio del procedimento disciplinare). 

Quanto alla responsabilità del dirigente, la Suprema Corte ritiene corretta la decisione della Corte d’Appello che, nell’escludere una responsabilità oggettiva per le azioni o omissioni dei dipendenti a lui sottoposti, ha accertato come lo stesso non avesse adeguatamente coordinato e indirizzato l’attività di verifica e di studio dei documenti, venendo meno ai compiti di monitoraggio e di supervisione propri della sua funzione. 

Tale omissione, ancorché non sufficiente ad integrare una giusta casa, è stata, infatti, ritenuta di per sé idonea a incrinare il rapporto di fiducia e a rendere, di conseguenza, giustificato il licenziamento del dirigente. 

Beatrice Capone WST Law & Tax