Con la sentenza n. 141 del 31.07.2025, la Corte Costituzionale afferma che non è incostituzionale l’esclusione dei dirigenti dal blocco dei licenziamenti durante il periodo emergenziale, stante la peculiare posizione ricoperta da questa categoria di lavoratori all’interno delle aziende.
Il caso affrontato
Alcuni dirigenti impugnano il recesso loro irrogato, per ragioni inerenti al ridimensionamento del personale e alla riorganizzazione aziendale, durante la vigenza del blocco dei licenziamenti disposta nel periodo emergenziale per COVID-19.
La Corte di Appello di Catania e la Corte di Cassazione, investite dei casi, sollevano questioni di legittimità costituzionale circa la scelta del legislatore di prevedere il blocco dei licenziamenti in favore dei dirigenti solo in caso di procedura collettiva e non anche in ipotesi di recesso individuale.
La sentenza
La Corte rileva, preliminarmente, che il dirigente è un vero e proprio alter ego dell’imprenditore che ricopre all’interno dell’azienda un particolare status che giustifica nei suoi confronti un trattamento differenziato rispetto a quello previsto per quadri, impiegati e operai.
Ciò premesso, secondo i Giudici, la questione rimessa alla Consulta va letta nell’ambito di una disciplina emergenziale dettata da eccezionalità, temporaneità e proporzionalità.
In detto ambito, continua la sentenza, va considerata anche la circostanza per cui per tutti i lavoratori, tranne che per i dirigenti, a fronte del blocco dei licenziamenti, era stato introdotto uno specifico ammortizzatore sociale (CIG Covid-19), che sollevava le aziende dal costo del lavoro dei dipendenti.
Con la conseguenza che, laddove il blocco dei licenziamenti fosse stato esteso anche ai dirigenti, il costo degli stessi sarebbe rimasto in capo alla società, pur in presenza di ipotesi di forzata inattività.
Su tali presupposti, la Corte ritiene coerente, nel contesto emergenziale, l’esclusione della categoria dirigenziale dal blocco dei licenziamenti.
A cura di WST