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Corte Costituzionale: il lavoratore incapace può impugnare il licenziamento entro 240 giorni


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Con la sentenza n. 111 del 18.07.2025, la Corte Costituzionale afferma che il lavoratore che al momento del licenziamento si trovi in una situazione di incapacità può impugnare il recesso entro 240 giorni dalla relativa comunicazione, senza incorrere in alcuna decadenza.

Il caso affrontato

La lavoratrice impugna stragiudizialmente il licenziamento disciplinare irrogatale oltre il termine di 60 giorni dalla comunicazione del recesso, trovandosi alla data di ricezione del provvedimento in uno stato depressivo di gravità tale da dover essere sottoposta a un trattamento sanitario obbligatorio.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, investite del caso, sollevano questioni di legittimità costituzionale - per violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e contrasto con la tutela del diritto al lavoro (artt. 4 e 35 Cost.) - in merito all’obbligo imposto dal legislatore di procedere preventivamente, a pena di decadenza, all’impugnazione stragiudiziale del recesso anche nell’ipotesi in cui il lavoratore non sia in grado di farlo per incapacità.

La sentenza

La Corte rileva preliminarmente che l’onere della previa impugnazione stragiudiziale del licenziamento, previsto a pena di decadenza, rischia di creare un ostacolo all’accesso alla tutela giurisdizionale per quei dipendenti che, al momento della ricezione della comunicazione del recesso, si trovino nell’incapacità di comprendere il pieno significato dell’atto datoriale e, conseguentemente, di decidere le iniziative da intraprendere.

Secondo i Giudici, l’applicazione del termine stragiudiziale di 60 giorni dalla comunicazione scritta anche nei confronti dei lavoratori incapaci è manifestamente irragionevole, finendo per impedire a tali soggetti di esercitare il diritto di impugnazione e rendendo, quindi, la tutela prevista dal legislatore meramente apparente o, comunque, estremamente difficile.

Per la Consulta, in dette ipotesi, non opera il termine dei 60 giorni per la previa impugnazione stragiudiziale e rimane fermo soltanto lo sbarramento finale al termine complessivo dei 240 giorni per l’impugnazione giudiziale.

Su tali presupposti, la Corte dichiara l’illegittimità della norma censurata, ma non inserisce all’interno della stessa un esplicito differimento della decorrenza del termine di impugnazione stragiudiziale alla data di riacquisto della piena capacità di intendere e volere da parte del lavoratore.

A cura di WST