Con la sentenza n. 33130 del 10.11.2022, la Cassazione afferma che è possibile usufruire degli sgravi contributivi di cui alla L. 381/1991, a condizione che le persone svantaggiate costituiscano almeno il trenta per cento dei lavoratori subordinati della società.
Il fatto affrontato
La Cooperativa impugna giudizialmente la cartella con cui l’INPS le richiede il pagamento di € 42.376,72, a fronte del mancato diritto della stessa ad usufruire dello sgravio contributivo per i lavoratori svantaggiati.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo che la ricorrente non fosse in possesso di un presupposto essenziale per la fruizione dello sgravio, ossia che i lavoratori svantaggiati rappresentassero almeno il trenta per cento della forza lavoro, inclusi i rapporti para-subordinati.
La sentenza
La Cassazione - ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva che la norma introduttiva dell’istituto degli sgravi contributivi – finalizzata a promuovere l'avviamento e l'integrazione lavorativa di coloro che si trovavano in posizione di svantaggio sociale – è stata emanata nei primi anni novanta, allorquando il mercato del lavoro era legato alla regola della stabilità dell'impiego, con forme flessibili di occupazione che, ancora, rappresentavano l'eccezione.
Secondo i Giudici di legittimità, ciò significa che la percentuale richiesta dal legislatore per fruire dell'esenzione dei contributi previdenziali relativi ai lavoratori svantaggiati, richiede il rispetto di una proporzione, in termini di assunzioni, che rileva unicamente tra rapporti di analogo contenuto e con il medesimo regime contributivo.
Per la sentenza, quindi, la percentuale del 30% dei lavoratori non può che riguardare unicamente i rapporti di lavoro subordinato.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della cooperativa, riconoscendo il diritto della stessa alla fruizione dello sgravio a fronte del rispetto della percentuale di lavoratori svantaggiati impiegati richiesta dalla legge.
A cura di Fieldfisher