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Codice della crisi di impresa e trasferimento di azienda


scale tribunale

Un cambiamento generale è quello previsto dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, riguardante il “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155”.
L’insieme delle disposizioni recate da questo decreto, che sono davvero tante essendo le stesso composto da ben 391 articoli, è destinato a sostituire la legge fallimentare del 1942, già soggetta nel corso del tempo a tante modificazioni.
La sostituzione, peraltro, non è immediata, dato che il grosso del decreto sulla crisi d'impresa, esclusi solo alcuni articoli, entrerà in vigore decorsi 18 mesi dalla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica (avvenuta il 14 febbraio u.s.).
Le innovazioni prefigurate dal decreto di riforma coinvolgono anche discipline non facenti direttamente parte della legge fallimentare, che talora sono di portata limitata e, talaltra, prefigurano cambiamenti di rilievo sostanziale.

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1. La prefigurata modifica dell’art. 2119 c.c.

L’art. 2119 del codice civile, che nel diritto del lavoro svolge un ruolo importante in quanto reca la disciplina della giusta causa di recesso dal contratto di lavoro subordinato (comma 1), è destinato a cambiare per quanto riguarda il suo secondo comma. Come si ricorderà, questo comma così stabilisce: “Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda”. Ad opera dell’art. 376 del recente decreto, la predetta disposizione è destinata ad essere sostituita dalla seguente: “Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto la liquidazione coatta amministrativa dell’impresa. Gli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro sono regolati dal codice della crisi E dell’insolvenza”.

La previsione relativa alla liquidazione coatta amministrativa é, dunque, destinata a rimanere ferma. Quella relativa al fallimento, invece, cambierà, in quanto la procedura di liquidazione giudiziale, come disciplinata dal nuovo Codice della crisi, prenderà il posto del fallimento, recando lo stesso Codice un’ampia disciplina degli effetti dell’apertura della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro (art. 189).

2. L‘ innovazione della disciplina del trasferimento dell’azienda in crisi: il un nuovo comma 1-bis nell’art. 47della l. n. 488/1990.

Da tempo la disciplina del trasferimento di azienda o di ramo di azienda si basa su due nuclei normativi: l’art. 2112 del codice civile, che reca la disciplina generale di tale fattispecie; l’art. 47 della l. n. 428/1990 che, oltre a regolare gli obblighi di informazione e di consultazione imposti al cedente e al cessionario, cura anche l’adattamento della disciplina dettata dall’art. 2112 nei casi in cui l’azienda da trasferire si trova in una situazione di difficoltà.

Ebbene, l’art. 368 del nuovo Codice prefigura integrazioni e modifiche all’art. 47 riguardo a diversi profili. Il comma 1 dell’art. 47, come è noto, vincola il cedente ed il cessionario a comunicare preventivamente alle organizzazioni sindacali il trasferimento di azienda, impegnandoli altresì a fornire una serie di connesse informazioni.

Il predetto art. 368 aggiunge un comma 1-bis all’art. 47, dedicato ai “ … casi di trasferimenti di aziende nell’ambito delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza …”. In particolare, la nuova disposizione ammette la possibilità che la comunicazione preventiva di cui al comma 1 sia effettuata “… anche solo da chi intenda proporre proposta di acquisto dell’azienda o proposta di concordato preventivo concorrente con quella dell’imprenditore …”.

3. L‘ innovazione della disciplina del trasferimento dell’azienda in crisi: le modifiche al comma 4-bis dell’art. 47

Di notevole rilievo è l’intervento prefigurato a proposito del comma 4-bis dell’art. 47 che, in questo caso, si pone come integrale sostituzione della attuale (e ancora vigente) normativa. L’importanza dell’attuale comma 4-bis - comma aggiunto all’art. 47 nel 2009 - è legata al fatto che lo stesso definisce condizioni e portata della deroga alla disciplina recata dall’art. 2112 c.c. da parte di accordi sindacali stipulati per far fronte a qualificate situazioni di difficoltà delle aziende. In particolare, la vigente versione del comma 4-bis, così definita dal provvedimento legislativo del 2009, fa riferimento a situazioni di difficoltà aziendale che, almeno nell’immediato, non procurano la cessazione dell’attività. Anche per questo, nei suoi confronti sono stati sollevati dubbi sotto il profilo della conformità alla normativa comunitaria sul trasferimento di azienda (Dir. 2001/23/CE del 12 marzo 2001).

Se ne può dare un esempio, ricavato da specifiche vicende giudiziarie: “Parte ricorrente ha innanzitutto censurato la legittimità, dell’articolo 47, comma 4 bis, L. 428/90, in quanto - benché introdotto dal legislatore successivamente alla sentenza della Corte di giustizia dell’11 giugno 2009 (causa C- 561/07) … - resterebbero fondati motivi per ritenere il permanere dell’inadempimento dello Stato italiano.
A tale proposito si osserva tuttavia che la norma in commento non si presta ai profili di censura sollevati dalla parte.
Il nuovo comma 4-bis, difatti, prevede che, per determinate imprese (ovvero quelle delle quali sia stato accertato lo stato di crisi …, disposta l’amministrazione straordinaria in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività …, vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo ovvero l’omologazione l’accordo di ristrutturazione dei debiti …) venga innanzitutto raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, con l’applicazione dell’articolo 2112 c.c. nei termini e con le limitazioni previste da detto accordo.
Dette limitazioni, peraltro, non concernono il diritto al trasferimento dei rapporti di lavoro dei dipendenti dalla cedente alla cessionaria in quanto garantito dalle previsioni dell’articolo 4 della direttiva 2001/23 bensì, secondo il dettato dell’articolo 5, par. 2 lett. b) e par. 3, la possibilità di prevedere modifiche delle condizioni di lavoro.” (Tribunale Milano/Sezione lavoro del 15.10.2015).

Insomma, si esclude il conflitto del comma 4-bis con la direttiva comunitaria, ma solo perché se ne prospetta un’interpretazione correttiva e, a ben vedere, in contrasto con la formulazione letterale della disposizione che fa espresso riferimento ad accordi “ …circa il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione”.

Si crea così una sorta di trappola: leggendo il testo legislativo, si è indotti a che possa stipularsi un accordo sindacale legittimato ad incidere anche sui livelli occupazionali; l’interpretazione giurisprudenziale dello stesso può poi contraddire quanto ritenuto (magari in piena buona fede).

Interpretazione che, peraltro, viene ripetuta da più pronunce e si rifà a principi generali: “… l’obbligo di interpretazione conforme impone … di ritenere che il legislatore del 2009, attraverso il comma 4 bis, abbia inteso riconoscere alle parti negoziali la possibilità di derogare all’articolo 2112c.c., , ma che tale delega contenga un limite implicito, costituito dalle norme della direttiva 2001/ 23, nonché dai criteri interpretativi e dai principi fissati dalla Corte giustizia. Ebbene, poiché dalle disposizioni della direttiva vi è quella che vieta il licenziamento in vista del trasferimento d’azienda (art.4) e poiché la Corte di giustizia ha escluso che lo stato di crisi aziendale sia di per sé giustificativo di deroghe al divieto, deve ritenersi che l’articolo 47, comma 4 bis, non autorizzi gli accordi sindacali a derogare al suddetto divieto” (Tribunale di Roma/Sezione lavoro 15 gennaio 2016).

Ciò premesso, rispetto al vigente comma 4-bis, le innovazioni previste dal Codice attengono a due ordini di aspetti:

a)innanzitutto, sono previste modifiche all’elencazione delle situazioni in cui l’azienda deve trovarsi perché l’accordo sindacale sia legittimato a prevedere deroghe alla disciplina dettata dall’art. 2112. Scelta, questa, che facilmente si comprende come riflesso della rivisitazione, operata dal Codice, delle procedure legate alla crisi;

b)circa gli effetti destinati ad accompagnare l’accordo raggiunto a conclusione della consultazione sindacale, l’ulteriore versione del comma 4-bis precisa chiaramente che rimane “… fermo il trasferimento al cessionario dei rapporti di lavoro” e che, “… per quanto attiene alle condizioni di lavoro …”, l’art. 2112 c.c. “trova applicazione …, nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo medesimo …”.

Quanto appena riportato, messo a confronto con la versione vigente del medesimo comma 4-bis, rende evidente che si è inteso limitare la portata degli effetti che la stipula dell’accordo sindacale è in grado di produrre. Difatti, dopo aver descritto con particolare scrupolo tutte le situazioni aziendali assunte a presupposto dell’accordo sindacale - concordato preventivo in regime di continuità indiretta, accordi di ristrutturazione dei debiti non aventi carattere liquidatorio; amministrazione straordinaria, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività -, la versione rivista del comma 4-bis appare chiaramente volta ad evitare che, in presenza delle predette procedure, possa addivenirsi ad accordi che mettano in discussione la salvaguardia dell’insieme dei rapporti di lavoro già facenti capo al cedente. Innovazione che, altrettanto chiaramente, comporta il superamento dell’attuale versione del comma laddove, da una parte, prospetta la stipula di accordi che prevedono “… il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione …” e, dall’altra, stabilisce che “… l’articolo 2112 del codice civile trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo medesimo”.

L’aggiustamento approntato dal recente decreto legislativo può, pertanto, vedersi come un intervento di rimozione dell’incombenza di un conflitto fra normativa nazionale e normativa comunitaria e anche come una scelta di chiarezza volta ad assicurare, in situazioni aziendali in cui non sono in atto procedure immediatamente liquidatorie, una piena corrispondenza fra formulazione letterale e contenuto precettivo sicuramente addebitabile alla travagliata disposizione legislativa.

Come risvolto di tale operazione normativa, potrebbe apprezzarsi, in contraddizione con l’opportuna scelta di prevenire l’aggravarsi delle crisi aziendali, una disincentivazione della disponibilità di nuovi imprenditori a rilevare aziende in difficoltà e questo quanto più si tratti di soggetti portatori di innovazioni (organizzative, tecnologiche, produttive) capaci di riflettersi sugli organici aziendali.

4. L‘ innovazione della disciplina del trasferimento dell’azienda in crisi: il comma 5 dell’art. 47

Il nuovo comma 5 dell’art.47, come approntato dal Codice, fa riferimento alla “… apertura della liquidazione giudiziale o di concordato preventivo liquidatorio, ovvero emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata”. In presenza di procedure del genere, viene confermata la regola generale propria dell’art. 2112 c.c. Il nuovo comma 5, infatti, ripete: “i rapporti di lavoro continuano con il cessionario”. Solo dopo, nello stesso, compare un correttivo: “Tuttavia, in tale ipotesi, nel corso delle consultazioni…, possono comunque stipularsi, con finalità di salvaguardia dell’occupazione contratti collettivi … , in deroga l’articolo 2112 commi 1, 3 e 4 del codice civile”. Nella sostanza, non ci si discosta dall’attuale versione del comma 5, anche se una differenza sussiste: nella nuova versione, l’accordo sindacale è chiamato a modificare la regola della continuazione dei rapporti di lavoro; nella versione vigente, è direttamente il comma 5 a mettere fuori causa la predetta regola, consentendo all’accordo di ripristinarla parzialmente o in tutto. Il che, nelle dinamiche negoziali finalizzate agli accordi di deroga, può avere un certo peso. L’ulteriore previsione del nuovo comma 5, abbandonando il livello degli accordi collettivi, considera anche “… la possibilità di accordi individuali, anche in caso di esodo incentivato dal rapporto di lavoro, da sottoscriversi nelle sedi di cui all’articolo 2113 , ultimo comma del codice civile”. Possibilità che, verosimilmente, viene rimarcata pensando a casi in cui non si riesca a raggiungere un accordo sindacale.

5. La sorte del trattamento di fine rapporto (TFR) nel nuovo comma 5-bis dell’art. 47

Un’espressa disciplina viene dedicata alla relazione fra le procedure elencate dal comma 5 (v. il precedente paragrafo) e il TFR. Secondo tale regolamentazione, ove si abbia una delle menzionate procedure, “… non si applica l’articolo 2112, comma 2, del codice civile e il trattamento di fine rapporto è immediatamente esigibile nei confronti del cedente dell’azienda”. Le implicazioni di queste disposizioni sono di non scarso rilievo. Stabilire che non trova applicazione il secondo comma dell’art. 2112 significa, in sostanza, escludere la responsabilità solidale del cessionario per tutti i crediti che i lavoratori vantano al tempo della cessione. Inoltre, dichiarare che il TFR è immediatamente esigibile nei confronti del cedente significa rendere attuale il diritto al trattamento anche laddove si abbia il passaggio alle dipendenze del cessionario senza soluzione di continuità nel rapporto di lavoro. La nuova disciplina considera anche il ruolo del Fondo di garanzia Inps, chiamato ad intervenire, in coerenza con la predetta previsione, “… anche a favore dei lavoratori che passano senza soluzione di continuità alle dipendenze dell’acquirente” e, peraltro, tenuto a riconoscere il TFR nella “… integrale misura, quale che sia la percentuale di soddisfazione stabilita, nel rispetto dell’articolo 87, comma 7 , dal codice della crisi e dell’insolvenza, in sede di concordato preventivo” (ovviamente con riferimento alle quote di TFR relative ai periodi antecedenti il trasferimento).

7. La regola applicabile nel caso di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria

Attualmente nelle procedure elencate dal comma 4-bis dell’art. 47 compare, per gli effetti di cui si è detto sopra, anche l’amministrazione straordinaria. La nuova versione dell’art. 47, confezionata dal d.lgs. n. 14/2019, si arricchisce di un nuovo comma - il 5-ter - riservato all’ipotesi nella quale “… il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata sottoposizione all’amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata …” (ipotesi, quindi, destinata ad essere non più trattata nel comma 4-bis). In presenza di detta procedura,, qualora “… nel corso della consultazione … sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non trova applicazione l’articolo 2112 del codice civile, salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che questo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell’alienante”.

Dato che il comma 4-bis e il comma 5-ter vengono legati ad un comune presupposto - crisi dell’impresa e cessazione dell’attività aziendale -, non è facile comprendere perché dall’uno e dall’altro siano dettate regole diverse, anche se alla fine convergenti nell’abilitare l’accordo sindacale a derogare l’art. 2112 c.c. sia sotto il profilo della (non) continuazione dei rapporti di lavoro che per quanto riguarda gli altri principi dettati da tale articolo.

A prima vista, il comma 5-ter sembra più conservativo; a ben vedere, usa una formula che toccherà chiarire nelle sue ricadute: come riportato sopra, ammette che, in virtù dell’accordo, il personale, in tutto o in parte, possa restare alle dipendenze dell’alienante e da ciò, considerando che l’alienante trasferisce l’azienda, consegue naturalmente l’emersione di un presupposto in grado di giustificare il licenziamento collettivo. La previsione che tutto il personale possa restare alle dipendenze dell’alienante è, pertanto, una previsione forte, che può portare agli antipodi rispetto all’art. 2112.

8.Il rinvio operato dal Codice all’art. 47

Il Codice della crisi, come abbiamo visto, interviene ampiamente sull’art. 47 della l. n. 428/1990, modificandolo/integrandolo per vari aspetti. Lo stesso Codice, inoltre, opera un ampio rinvio all’art. 47. In particolare, l’art. 191 del Codice espressamente afferma: “Al trasferimento di azienda nell’ambito delle procedure di liquidazione giudiziale, concordato preventivo e d’azienda in esecuzione di accordi di ristrutturazione si applicano l’articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 …”.

Un rinvio, questo, che ovviamente interessa l’art. 47 come innovato dallo stesso Codice, da considerare avendo presente anche altre disposizioni del Codice (come gli artt. 212 e 214 rispettivamente in tema di affitto dell’azienda o di suoi rami e di vendita in blocco dell’azienda o di suoi rami in relazione a procedure di liquidazione giudiziale).

9.Norme nuove: resteranno ferme?

Come già rilevato, il processo legislativo relativo alla riforma è stato completato, ma risulta notevole il differimento dell’entrata in vigore. Una volta che si sarà maturata una diffusa consapevolezza della portata delle tante innovazioni previste, emergeranno spinte a perfezionare il testo già pubblicato e, di per sé, definitivo?
La domanda appare legittima e concorre motivare l’utilità di approfondire da subito il nuovo e complesso testo normativo, per prepararsi ad applicarlo ma anche, se del caso, per essere protagonisti informati di sue eventuali dinamiche.

Prof. avv. Angelo Pandolfo Fieldfisher