Stampa

Tribunale di Roma: il diritto dei sanitari allo smart-working


icona

Con l’ordinanza del 20.06.2020, il Tribunale di Roma afferma che per gli operatori sanitari il diritto individuale alla tutela della salute va contemperato con il diritto alla tutela della salute della collettività, con la conseguenza che lo smart-working può essere concesso solo in caso di evidente necessità.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, assistente socio-sanitaria alle dipendenze della ASL, ricorre giudizialmente, ex art. 700 c.p.c., per chiedere al Tribunale di ordinare all’azienda datrice di consentirle di svolgere le proprie mansioni in regime di smart-working.
A fondamento della propria domanda, la medesima deduce che il rigetto della sua richiesta di assegnazione al lavoro agile, durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19, risultava foriero di danni alla salute per sua madre e suo figlio, entrambi portatori di handicap grave con la stessa conviventi.

L’ordinanza

Il Tribunale di Roma rileva, preliminarmente, che nel nostro ordinamento il diritto alla salute dei cittadini in generale e dei lavoratori in particolare assume un’importanza preminente, tanto da essere protetto e garantito dalla Carta Costituzionale.

Per l’ordinanza, il predetto diritto, che generalmente ha carattere assoluto, soffre di un’eccezione.
Per gli addetti alle professioni e alle attività sanitarie, infatti, il diritto alla tutela della loro salute, deve trovare un necessario ed equilibrato contemperamento con le esigenze di servizio pubblico reso dalle strutture in cui vengono svolte tali attività, essendo le stesse deputate alla tutela di un bene di pari valore costituzionale quale è la salute della collettività.

Secondo il Giudice, dunque, laddove la salute del singolo addetto alle professioni sanitarie possa entrare in conflitto con le esigenze di rendere il predetto fondamentale servizio pubblico, deve operarsi una valutazione in concreto, basata sulle circostanze della singola fattispecie, che assicuri la tutela di un diritto senza pregiudicare l’altro.

La pronuncia in commento ritiene, pertanto, che – nel caso di specie – l’assegnazione della ricorrente al lavoro agile tuteli al meglio la salute della lavoratrice e dei suoi familiari, senza in alcun modo pregiudicare lo svolgimento della prestazione assegnatale.

Su tali presupposti, il Tribunale di Roma ritenendo sussistenti i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, accoglie la richiesta della dipendente di essere posta in regime di smart-working.

A cura di Fieldfisher