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Corte di Giustizia Europea: limiti all’abuso del contratto di lavoro a tempo determinato


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Con la sentenza C-331/17 del 25.10.2018, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea afferma che la normativa italiana sul lavoro a tempo determinato alle dipendenze degli enti lirici non è conforme al diritto comunitario, nella parte in cui non prevede adeguate misure di tutela in favore dei prestatori coinvolti.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, avendo svolto la propria attività alle dipendenze di una Fondazione lirica in forza di plurimi contratti a tempo determinato stipulati tra il 2007 ed il 2011, ricorre giudizialmente al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità del termine apposto ai suddetti contratti.
La medesima, a fondamento della propria domanda, deduce di essere stata stabilmente inserita nell’organico del teatro e di aver svolto le stesse funzioni di quelle attribuite al personale assunto a tempo indeterminato, sostenendo, altresì, che nei suoi contratti di lavoro non erano indicate le esigenze tecniche, organizzative o produttive specifiche che avrebbero giustificato l’apposizione del termine.
Il Tribunale respinge il ricorso, sul presupposto che la disciplina applicabile alle fondazioni lirico-sinfoniche (art. 11, comma 4, D.Lgs. 68/2001, oggi transitato nell’art. 29 D.Lgs. 81/2015), escludeva l’applicabilità dei limiti generali sul lavoro a termine, non richiedendo l’indicazione delle causali e non stabilendo una durata massima o un numero limite di rinnovi.
La Corte d’Appello, investita della questione in secondo grado, chiede alla CGUE se detta esclusione rispetti i requisiti previsti in materia dal diritto dell’Unione Europea.

La sentenza

La Corte di Giustizia esclude la liceità della suddetta disciplina, sottolineando che la clausola 5 dell’Accordo Quadro Europeo sul lavoro a tempo determinato (recepito dalla Direttiva 1999/70/CE), al punto 1 impone in maniera vincolante agli Stati membri, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo del lavoro a termine, di adottare effettivamente almeno una delle tre misure di tutela espressamente previste, consistenti nell’indicazione delle causali, della durata massima e del tetto ai rinnovi.

Secondo i Giudici, pertanto, non è ammissibile una disposizione nazionale che autorizzi, attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso ad una successione indefinita di contratti di lavoro a tempo determinato, legittimando, così, qualsivoglia abuso dello strumento.

Per la sentenza, a tal fine, è assolutamente irrilevante l’eventuale natura pubblica dei datori di lavoro, posto che tutti i prestatori devono avere il diritto di beneficiare dei meccanismi di tutela previsti dal citato Accordo Quadro, che si sostanziano alternativamente o nella conversione a tempo indeterminato del rapporto o nel riconoscimento di una tutela economica.

Su tali presupposti, la CGUE dichiara illegittima e contrastante con il diritto europeo la normativa italiana sottoposta al suo esame, dal momento che i lavoratori delle fondazioni lirico-sinfoniche non possono, in caso di abuso di contratti a termine, né rivendicare la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato né avanzare una richiesta tesa ad ottenere un’indennità risarcitoria.

A cura di Fieldfisher