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Corte di Giustizia Europea: abuso del contratto a termine, risarcimento e trasformazione del rapporto sono misure alternative


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Con la sentenza emessa, il 08.05.2019, nella causa C-494/17, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea afferma che, a fronte di un utilizzo abusivo dell’istituto del contratto a termine, risulta una misura adeguata la normativa nazionale che preveda la trasformazione del rapporto di lavoro con effetto retroattivo per ciò che concerne l’anzianità di servizio maturata, senza la corresponsione di alcun ulteriore risarcimento del danno.

Il fatto affrontato

Un professore ricorre giudizialmente al fine di richiedere:
- l’accertamento dell’illegittimità delle clausole di apposizione di un termine ai singoli contratti di lavoro a tempo determinato da lui stipulati, tra il 18.11.2003 ed il 02.09.2015, con un Conservatorio di musica;
- la conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato con effetto retroattivo alla data di stipulazione del primo contratto, anche ai fini dell’anzianità di servizio utile per il calcolo della retribuzione;
- il risarcimento del danno causato dall’utilizzo abusivo di siffatti contratti di lavoro a tempo determinato.
Il Tribunale di Rovereto, investito della questione, mediante un rinvio pregiudiziale chiede alla CGUE se una normativa nazionale che preveda la stabilizzazione futura dei dipendenti pubblici, senza effetto retroattivo e senza risarcimento del danno, sia una misura proporzionata e sufficientemente energica per garantire la dissuasione dell’utilizzo abusivo di contratti a termine.

La sentenza

La Corte di Giustizia rileva, preliminarmente, che la clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro del 1999 impone agli Stati membri, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione di almeno una delle misure che essa elenca, lasciando al legislatore nazionale la libertà di scegliere il mezzo per conseguire l’obiettivo.

Per la sentenza, ne consegue che gli Stati membri hanno la facoltà di trasformare i rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato - dato che la stabilità dell’impiego costituisce l’elemento portante della tutela dei lavoratori - ovvero di riconoscere ai prestatori un’indennità meramente risarcitoria, non essendo invece richiesto un cumulo di misure.

Alla luce di quanto rilevato, i Giudici concludono sostenendo che il diritto dell’UE non impone la previsione, all’interno dell’ordinamento nazionale, di un diritto al risarcimento del danno che si aggiunga alla trasformazione del rapporto di lavoro.

Trasponendo i predetti principi al caso di specie, la CGUE sostiene che sia adeguata la misura della trasformazione del contratto di lavoro a cui si aggiunga il riconoscimento, ai fini del calcolo della retribuzione, dell’anzianità maturata in forza della successione dei contratti a termine, senza la corresponsione di un ulteriore risarcimento del danno.

A cura di Fieldfisher