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Cassazione: quando la stabilizzazione sana l’abuso del contratto a termine?


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Con la sentenza n. 15240 del 01.06.2021, la Cassazione afferma il seguente principio di diritto: “Nel lavoro pubblico privatizzato, nelle ipotesi di abusiva successione di contratti a termine, la avvenuta immissione in ruolo del lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia riparatoria dell'illecito nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra l'abuso commesso dalla amministrazione e la stabilizzazione ottenuta dal dipendente”.

Il fatto affrontato

Due dipendenti comunali, con rapporto di lavoro a tempo determinato, ricorrono giudizialmente al fine di ottenere il risarcimento del danno derivato della illegittima reiterazione dei contratti a termine.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, sul presupposto che entrambe le ricorrenti avevano partecipato a procedure concorsuali in cui era stata loro offerta una concreta chance di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego.

La sentenza

La Cassazione - ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva preliminarmente che, nell'ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato nel pubblico impiego privatizzato, la successiva immissione in ruolo del lavoratore costituisce misura sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell'abuso solo se direttamente ricollegabile alla successione dei contratti a termine.

Per la sentenza, in sostanza, l'efficacia sanante della assunzione presuppone una stretta correlazione fra abuso del contratto a termine e procedura di stabilizzazione, sia sotto il profilo soggettivo - nel senso che entrambe devono provenire dal medesimo ente pubblico datore di lavoro - sia sotto il profilo oggettivo, nel senso della esistenza di un rapporto di «causa-effetto» tra abuso ed assunzione.

Secondo i Giudici di legittimità, tale ultima condizione non ricorre quando l'assunzione a tempo indeterminato avvenga all'esito di una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine.

Ricorrendo quest’ultima ipotesi nel caso di specie, la Suprema Corte accoglie il ricorso delle due dipendenti e riconosce il loro diritto ad ottenere il risarcimento del danno richiesto.

A cura di Fieldfisher