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Cassazione: non c’è contratto di associazione in partecipazione senza rischio d’impresa


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Con l’ordinanza n. 4219 del 21.02.2018, la Cassazione afferma che, in caso di assenza di rischio di impresa, con conseguente partecipazione agli utili ed anche alle perdite della società, non può esservi contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato, potendosi tuttalpiù qualificare il rapporto come contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili.

Il fatto affrontato

Il titolare di una società ricorre giudizialmente al fine di chiedere di dichiararsi inesistente o comunque non provato un contratto di lavoro subordinato tra la società stessa e quattro dipendenti, vista la correttezza dell’inquadramento dei relativi rapporti nell’ambito della fattispecie dell’associazione in partecipazione.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte di Appello, ha affermato che le differenze tra il contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato ed il contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili, sono le seguenti:

  • il primo implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante e l’esistenza per l’associato di un rischio di impresa, con la conseguente partecipazione alla distribuzione non solo degli utili, ma anche delle perdite;
  • il secondo comporta, invece, un vincolo di subordinazione più ampio rispetto al generico potere dell’associante di impartire direttive ed istruzioni al cointeressato, con assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare di colui che assume le scelte dell’organizzazione aziendale, senza ingerenza nella gestione della società e, soprattutto, senza partecipazione al rischio d’impresa.

Su tali presupposti, ravvisando, nel caso di specie, la totale assenza di rischio in capo alle quattro dipendenti e la presenza di svariati elementi tipici della subordinazione (retribuzione mensile predeterminata, rispetto di un orario prestabilito, soggezione al potere direttivo e disciplinare del datore, mancata partecipazione a qualsivoglia decisione inerente la gestione dell’azienda), la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dall’imprenditore.

A cura di Fieldfisher