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Cassazione: nel pubblico impiego non c’è mai conversione del rapporto a tempo determinato


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Con la sentenza n. 24960 del 15.09.2021, la Cassazione ribadisce che, nel rapporto di pubblico impiego a tempo determinato, l'eventuale violazione delle norme sul contratto a termine non può mai tradursi nella conversione del rapporto per espressa disposizione legislativa.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di sentir dichiarare la nullità dei contratti di lavoro a termine intercorsi, nel periodo compreso tra il 12.12.2002 ed il 05.01.2009, con il medesimo Comune.
La Corte d’Appello accoglie parzialmente la predetta domanda, riconoscendo al ricorrente, non la richiesta conversione a tempo indeterminato di tali rapporti, ma solo un risarcimento del danno.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva che, nel pubblico impiego, il rispetto della normativa sul contratto di lavoro a tempo determinato è garantito, oltre che dall'obbligo di risarcimento del danno in favore del dipendente, anche da disposizioni che delineano una responsabilità (patrimoniale e non) del dirigente cui sia ascrivibile l'illegittimo ricorso al contratto a termine.

Secondo i Giudici di legittimità, detto impianto normativo risulta essere rispettoso non solo della giurisprudenza comunitaria, ma anche di quella più recente della Corte Costituzionale.

Per la sentenza, la ratio di tale disciplina è rinvenibile, oltre che nell’art. 97 Cost., anche nella disciplina delineata dal TU sul pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001), che si basa su un sistema di programmazione e piani di fabbisogno che non è compatibile con la possibilità di convertire a tempo indeterminato dei rapporti a termine illegittimamente reiterati.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del lavoratore, confermando la non fondatezza della domanda di conversione del rapporto.

A cura di Fieldfisher