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Cassazione: il manager non è lavoratore subordinato se non è soggetto ad alcun organo aziendale che eserciti su di lui il potere direttivo e di controllo


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Con la sentenza n. 12335 del 18.05.2018, la Cassazione afferma che il rapporto tra il dirigente e la società non ha natura subordinata, qualora il prestatore non risulti soggetto ad alcun organo aziendale che eserciti nei suoi confronti i poteri di controllo, comando o disciplina tipici del datore di lavoro.

Il fatto affrontato

Il manager propone ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che aveva respinto la sua domanda volta ad ottenere la declaratoria della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con la società dal 1987 al 2005.
A fondamento della propria richiesta, il medesimo sostiene che: l’incarico gli era stato conferito senza le formalità relative alla nomina di un amministratore delegato ed in azienda il suo ruolo era normalmente definito come di direttore generale; anche lui, come gli altri dirigenti, aveva un limite di budget e per le spese sopra il tetto era costretto a rivolgersi al responsabile della divisione a livello europeo.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dal Tribunale e dalla Corte di Appello, afferma che elemento indefettibile del rapporto di lavoro subordinato, che lo distingue da quello autonomo, è la subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non solo al loro risultato.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, altri elementi del rapporto di lavoro - quali la collaborazione, l'osservanza di un determinato orario, la continuità della prestazione, l'inserimento della stessa nella organizzazione aziendale ed il coordinamento con l'attività imprenditoriale, l'assenza di rischio per il dipendente e la forma della retribuzione - hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria.

Pertanto, conclude la sentenza, laddove un lavoratore non risulti soggetto ad alcun organo che eserciti nei suoi confronti i poteri di controllo, comando o disciplina tipici del datore, il suo rapporto giammai può essere ricompreso nell’alveo della subordinazione.

Su tali presupposti, posto che, nel caso di specie, il manager non era sottoposto ad alcun controllo in azienda, la Suprema Corte ha respinto il ricorso proposto dal medesimo, legittimando il suo inquadramento come lavoratore autonomo.

A cura di Fieldfisher