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Cassazione: è possibile provare la subordinazione anche senza l’eterodirezione?


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Con l’ordinanza n. 1095 del 16.01.2023, la Cassazione afferma che, laddove non emerga una soggezione al potere direttivo datoriale, è possibile provare la sussistenza degli estremi del rapporto subordinato anche attraverso una prova presuntiva che si avvalga di elementi di natura indiziaria.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di sentir dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della società con la quale aveva intrattenuto delle consulenze.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, condannando la società al pagamento delle relative differenze retributive.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che la soggezione personale del prestatore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro (inerente alle intrinseche modalità di svolgimento della prestazione), rappresenta il carattere essenziale della subordinazione.

Secondo i Giudici di legittimità, tuttavia, laddove detto elemento non emerga espressamente, ai fini qualificatori, è possibile fare riferimento ad altri elementi, quali la continuità della prestazione, il rispetto di un orario predeterminato, la percezione a cadenze fisse di un compenso prestabilito, l'assenza in capo al lavoratore di rischio e di una seppure minima struttura imprenditoriale.

Per la sentenza, infatti, detti elementi – pur non assumendo valore decisivo ai fini della qualificazione giuridica del rapporto – costituiscono indizi idonei ad integrare una prova presuntiva della subordinazione, a condizione che essi siano fatto oggetto di una valutazione complessiva e globale.

Avendo la pronuncia impugnata giustamente interpretato gli elementi sussidiari emersi, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società e conferma la riconduzione del rapporto controverso nell’alveo della subordinazione.

A cura di Fieldfisher