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Cassazione: legittimo il licenziamento del dipendente bancario che viola la privacy dei clienti


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Con la sentenza n. 4871 del 24.02.2020, la Cassazione afferma che, ai fini dell’irrogazione di un licenziamento, il datore può utilizzare le informazioni ottenute mediante i c.d. controlli difensivi effettuati sugli strumenti di lavoro dei dipendenti se ha fornito loro adeguata informativa in merito ai sensi dell’art. 4 della L. 300/1970.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, dipendente di un istituto bancario, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole per aver effettuato interrogazioni sui conti correnti di alcuni clienti non giustificate da ragioni di servizio.
A fondamento della predetta domanda, la medesima deduce il mancato assolvimento da parte della società datrice dell’obbligo di informazione circa le modalità di uso degli strumenti di lavoro ai fini dell’effettuazione dei controlli c.d. difensivi.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che – ai sensi dell'art. 4, comma 3, L. 300/1970, come sostituito dall'art. 23 D.Lgs. 151/2015 – il datore può utilizzare per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, le informazioni raccolte mediante le apparecchiature utilizzate dai dipendenti, se sussistono i requisiti espressi dai commi 1 e 2 del predetto art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

Per i Giudici di legittimità, condizione essenziale, a tal fine, è che venga fornita idonea notizia ai dipendenti circa le modalità di uso degli strumenti di lavoro e di effettuazione dei controlli c.d. difensivi, nel rispetto di quanto disposto dal Codice della Privacy.

Onere questo che, secondo la sentenza, nel caso di specie è stato assolto dalla Banca nei confronti della generalità dei propri dipendenti - indipendentemente dalla loro qualifica, attività o funzione, stabile o temporanea - in ragione della stretta ed essenziale inerenza all'attività bancaria della tutela della riservatezza della clientela e del rischio diffuso di indebiti accessi alle relative posizioni tramite l'utilizzo dei sistemi informatici.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla lavoratrice, confermando la legittimità del licenziamento irrogatole.

A cura di Fieldfisher