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Cassazione: sospensione dal servizio durante un processo penale e diritto alla retribuzione


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Con l’ordinanza n. 9095 del 18.05.2020, la Cassazione afferma che il pubblico dipendente ha diritto alla restitutio in integrum delle retribuzioni non corrispostegli durante il periodo di sospensione facoltativa dal servizio, ogniqualvolta la PA datrice non attivi il procedimento disciplinare al termine del processo penale.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dipendente comunale, ricorre giudizialmente al fine di ottenere il rimborso delle quote di retribuzione trattenutegli nel periodo in cui era stato sospeso in via cautelare dal sevizio, in quanto sottoposto a procedimento penale per i reati di cui agli artt. 317, 378 e 379 c.p. (concussione, favoreggiamento personale e reale).
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, sul presupposto che la sospensione irrogata al ricorrente aveva natura cautelare e non disciplinare e che il diritto alla restitutio in integrum permaneva solo in presenza di assoluzione con formula piena e non con la pronuncia di prescrizione.

L’ordinanza

La Cassazione afferma, preliminarmente, che il diritto del dipendente pubblico alla restitutio in integrum non può riguardare i periodi di sospensione obbligatoria disposta a seguito di custodia cautelare, perché in tal caso la perdita della retribuzione si riconnette ad un provvedimento necessitato dallo stato restrittivo della libertà personale del dipendente e non, invece, ad un comportamento volontario ed unilateralmente assunto dalla PA datrice.

Diversamente, per la sentenza, in caso di sospensione facoltativa del dipendente sottoposto a procedimento penale, la mancata corresponsione della retribuzione risulta priva di titolo qualora all'esito del processo penale non venga attivato l’iter disciplinare.
Onere quest’ultimo che grava esclusivamente in capo all’amministrazione, senza che il dipendente sia tenuto a comunicare l’esito della sentenza di definizione del processo penale pregiudicante.

Secondo i Giudici di legittimità, dunque, il diritto del pubblico dipendente alla restitutio in integrum che ha natura retributiva e non risarcitoria, sorge ogni qualvolta, al termine del procedimento penale, la sanzione disciplinare non venga inflitta o ne sia irrogata una di natura ed entità tali da non giustificare la sospensione sofferta.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie parzialmente il ricorso del lavoratore, affermando il diritto del medesimo a vedersi riconosciute le retribuzioni non corrispostegli durante il periodo di sospensione facoltativa, disposta dal Comune datore in seguito della revoca degli arresti domiciliari.

A cura di Fieldfisher