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Cassazione: quali somme conciliative sono soggette a tassazione?


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Con l’ordinanza n. 8031 del 23.03.2021, la Cassazione afferma che le somme conciliative riconosciute al lavoratore non sono soggette a tassazione se non sono erogate in sostituzione di redditi attuali o quale risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi futuri (successivi, cioè, alla cessazione del rapporto di lavoro).

Il fatto affrontato

Il dirigente, a seguito del suo licenziamento, sottoscrive una conciliazione con la società datrice, in virtù della quale la stessa gli riconosce un’indennità a titolo risarcitorio non soggetta a ritenuta fiscale.
Ciò nonostante, l’Amministrazione finanziaria richiede allo stesso - a tiolo di imposte sull’importo conciliativo - la somma di € 114.741,23.
Il lavoratore ricorre, dunque, giudizialmente al fine di ottenere il rimborso della cifra elargita al fisco e la Commissione Tributaria Regionale accoglie la domanda, sul presupposto che l’indennità – non essendo stata erogata a titolo di lucro cessante – non doveva essere sottoposta a tassazione.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che in tema di imposte sui redditi da lavoro dipendente, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a tassazione solo se, ed entro i limiti in cui, siano volte a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi (c.d. lucro cessante).

Diversamente, continua la sentenza, non sono assoggettabili a tassazione gli importi risarcitori volti a riparare un pregiudizio di natura diversa (c.d. danno emergente).

Secondo i Giudici di legittimità, la natura della somma riconosciuta a titolo conciliativo è desumibile dal tenore testuale del verbale transattivo, dal comportamento delle parti successivo alla transazione e dall'ammontare dell’importo.
Circostanze queste che, nel caso di specie, avevano correttamente indotto la CTR a ritenere che la somma erogata al dirigente non fosse ristorativa di un lucro cessante, dal momento che il rapporto dirigenziale era già stato risolto antecedentemente rispetto al verbale di conciliazione, l'indennità era stata riconosciuta nella misura massima ed il giorno successivo alla conciliazione il lavoratore era stato assunto da un’altra società.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria confermando il diritto del dirigente ad ottenere il rimborso richiesto.

A cura di Fieldfisher