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Cassazione: in caso di fusione non soggette ad assorbimento soltanto le eccedenze retributive riconosciute intuitu personae


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Con la sentenza n. 4533 del 27.02.2018, la Cassazione afferma che, in caso di fusione, risultano non assorbibili soltanto le eccedenze retributive erogate al lavoratore intuitu personae, a condizione che lo stesso riesca a provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superminimo.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente, poiché durante la pendenza del rapporto con la società incorporata beneficiava di un assegno ad personam non più corrisposto successivamente alla fusione, in quanto assorbito nel trattamento economico, complessivamente più favorevole, riconosciutogli dalla società incorporante.

La sentenza

La Cassazione censura la pronuncia della Corte d’Appello nella parte in cui la stessa aveva considerato illegittimo l’assorbimento dell’assegno corrisposto al lavoratore dalla società incorporata, partendo dal presupposto che l’incorporazione non dà luogo ad alcuna novazione del rapporto di lavoro, costituendo, invece, una mera prosecuzione con conseguente presa in carico da parte del subentrante degli obblighi assunti in precedenza nei confronti dei prestatori.

Secondo i Giudici di legittimità ciò non è sufficiente per considerare non riassorbibile l’emolumento de quo, dovendosi, invece, dimostrare la condizione essenziale costituita dal fatto che l’erogazione dello stesso fosse avvenuta intuitu personae.

Infatti, in caso di fusione, i superminimi concessi dall’impresa incorporata solitamente sono soggetti ad essere assorbiti a fronte di aumenti retributivi derivanti da fonti collettive, mentre restano sottratte a tale principio generale soltanto le eccedenze retributive erogate intuitu personae.

In quest’ultimo caso, ove la maggiorazione è elargita non sulla base di previsioni contrattuali, ma quale conseguenza di una valutazione datoriale circa le speciali condizioni del lavoratore ed i vantaggi ottenibili dalla sua prestazione, resta comunque a carico del dipendente stesso l’onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento dell’assegno personale.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dalla società incorporante, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

A cura di Fieldfisher