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Cassazione: il dirigente medico non ha diritto al pagamento degli straordinari


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Con l’ordinanza n. 16855 del 07.08.2020, la Cassazione afferma che il dirigente medico non ha diritto a ricevere alcuna somma per il lavoro straordinario, dal momento che la norma collettiva prevede la corresponsione di una retribuzione di risultato compensativa anche dell'eventuale superamento dell'orario.

Il fatto affrontato

Quattro dirigenti medici ricorrono giudizialmente al fine di richiedere, all’azienda ospedaliera datrice, il pagamento delle somme dovute a titolo di straordinario per il lavoro prestato oltre l'orario di 38 ore settimanali.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, sul presupposto che il CCNL di riferimento - nel prevedere la corresponsione di una retribuzione di risultato compensativa anche dell'eventuale superamento dell'orario lavorativo per il raggiungimento dell'obiettivo assegnato - escludeva in generale il diritto del dirigente ad essere compensato per il lavoro straordinario.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - afferma che la norma contrattualcollettiva richiamata dalla pronuncia di merito esclude pacificamente il diritto del dirigente ad ottenere la remunerazione per il lavoro straordinario, anche in relazione alle ore impiegate per esigenze di servizio.

Per la sentenza, infatti, non è possibile la distinzione tra il superamento dell'orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario, poiché la complessiva prestazione del dirigente deve essere svolta al fine di conseguire gli obiettivi propri ed immancabili dell'incarico affidatogli.

Secondo i Giudici di legittimità, detto assunto è pienamente in linea con i principi che regolano nel settore pubblico il rapporto dirigenziale e, in particolare, con quello della onnicomprensività del trattamento economico.
Da ciò consegue che, la remunerazione per il lavoro straordinario non solo è condizionata alla previa autorizzazione dell'ente datore, ma è anche subordinata sia alla sussistenza delle ragioni di interesse pubblico che rendono necessario il ricorso a prestazioni extra che alla verifica della compatibilità della spesa con le previsioni di bilancio.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dai dirigenti medici, confermando la non debenza del compenso per il lavoro straordinario.

A cura di Fieldfisher