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Cassazione: il dirigente agricolo dimessosi per il cambio di proprietà della società ha diritto alle indennità previste dalla contrattazione collettiva


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Con la sentenza n. 9955 del 23.04.2018, la Cassazione afferma che le indennità previste dall’art. 18 del CCNL dei Dirigenti in Agricoltura spettano al lavoratore ogniqualvolta lo stesso si sia dimesso in conseguenza di un cambiamento della titolarità della società, nozione questa da interpretare in senso onnicomprensivo e ricomprendente, quindi, anche l’ipotesi di mutamento dell’azionista di maggioranza.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dirigente di un’azienda agricola, si dimette in conseguenza dell’ingresso in società del nuovo azionista di maggioranza.
In conseguenza di ciò ricorre giudizialmente al fine di richiedere il riconoscimento delle indennità a lui spettanti in forza dell’art. 18 del CCNL applicabile al rapporto.

La sentenza

La Cassazione, preliminarmente, sottolinea come quello dei dirigenti sia un rapporto di lavoro di natura speciale per la peculiare collocazione che ad essi va riconosciuta all'interno dell'organizzazione aziendale, richiedente la permanenza del profilo fiduciario.

Ciò, da un lato, permette al datore, ogniqualvolta ritenga cessate le condizioni fiduciarie, di decidere unilateralmente di interrompere il rapporto lavorativo, mediante il recesso ad nutum.

Dall’altro lato, giustifica, invece, l’esistenza di previsioni pattizie che stabiliscono dei correttivi in funzione di garanzia del dirigente.
In questo panorama si inserisce, secondo i Giudici di legittimità, la clausola contrattuale oggetto d’esame, che consente appunto al dirigente di valutare le possibili ripercussioni sul rapporto fiduciario derivanti dal trasferimento dell'azienda o, comunque, dal cambiamento della titolarità della stessa, lasciando il medesimo libero di scegliere se proseguire o meno nel rapporto di lavoro ed assicurandogli, in caso di non accettazione del passaggio alle dipendenze del nuovo imprenditore, il diritto a tutte le indennità previste nelle ipotesi di licenziamento.

Pertanto, a giudizio della Corte, detta indennità spetta al dirigente ogniqualvolta vi sia un mutamento effettivo nella proprietà dell’azienda, integrabile, nel caso di società di capitali laddove, pur permanendo sul piano formale la stessa persona giuridica, cambi il soggetto che, quale detentore della maggioranza del capitale sociale, ha il potere di nominare i componenti dell’organo amministrativo dell’impresa.

Rientrando il caso di specie in quest’ultima situazione, stante la nomina del nuovo amministratore unico della società, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dalla stessa, riconoscendo il diritto del dirigente a vedersi corrisposte le indennità previste dal contratto collettivo.

A cura di Fieldfisher