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Cassazione: con la conversione del rapporto può ridursi la retribuzione


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Con l’ordinanza n. 23329 del 24.08.2021, la Cassazione afferma che, in caso di conversione giudiziale di un rapporto di lavoro autonomo in subordinato, non opera il principio di irriducibilità della retribuzione, sancito dall'art. 2103 c.c.

Il fatto affrontato

La lavoratrice ricorre al fine di richiedere il pagamento di differenze retributive per il periodo gennaio 2011 - ottobre 2013, epoca in cui aveva svolto attività lavorativa in esecuzione di un contratto di somministrazione, percependo una retribuzione inferiore rispetto a quella corrisposta – dalla medesima datrice – nel corso di pregressi contratti a progetto, poi convertiti giudizialmente in rapporto di lavoro subordinato.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo applicabile – anche in caso di conversione giudiziale del rapporto – il principio di irriducibilità della retribuzione.

L’ordinanza

La Cassazione - nel ribaltare la statuizione della Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che il principio di irriducibilità della retribuzione trova applicazione solo nel lavoro subordinato, caratterizzato dall'eterodirezione dell'attività, che comporta lo svolgimento della prestazione nel modo imposto dal datore mediante ordini che il dipendente è obbligato a rispettare.

Per la sentenza, detto principio non è, invece, applicabile nell’ipotesi di un rapporto considerato originariamente autonomo, seppur successivamente convertito giudizialmente in subordinato.
Ciò, in quanto - non operando la richiamata eterodirezione - il corrispettivo pattuito deve intendersi destinato, per concorde volontà delle parti, a compensare integralmente l'opera prestata.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, il sopravvenuto accertamento giudiziale della natura subordinata del rapporto comporta il diritto del lavoratore al trattamento economico corrispondente - articolato nelle diverse voci retributive previste dalla contrattazione collettiva - che non può essere, però, influenzato dal corrispettivo originariamente pattuito.
In altri termini, considerati i diversi schemi negoziali, non può presumersi che le parti abbiano inteso imputare a paga base per lavoro subordinato un corrispettivo pattuito per una prestazione d'opera.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla Fondazione datrice, dichiarando non dovute le richieste differenze retributive.

A cura di Fieldfisher