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Corte Costituzionale: come si calcola il danno all’immagine causato dai pubblici dipendenti?


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Con la sentenza n. 61 del 16.04.2020, la Corte Costituzionale afferma l’illegittimità costituzionale della norma che, in materia di azione di responsabilità amministrativa nei confronti dei pubblici dipendenti, tende a far assumere alle modalità di quantificazione del danno all’immagine una valenza esclusivamente sanzionatoria.

Il caso affrontato

La Procura regionale umbra esercita l’azione di responsabilità amministrativa nei confronti di una dipendente comunale che, per quattro giorni, pur uscendo alle ore 17:00, aveva attestato falsamente la propria presenza in servizio sino alle ore 18:00.
Alla medesima viene contestato un danno patrimoniale, derivante dalla percezione indebita della retribuzione nelle ore di assenza dal servizio, pari a 64,81 € ed un danno all’immagine, determinato in via equitativa, pari a 20.000,00 €.
La Corte dei Conti sezione giurisdizionale regionale per l’Umbria – investita della questione – pur ritenendo fondata l’azione risarcitoria promossa nei confronti della lavoratrice, solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 55-quater, comma 3-quater, ultimo periodo, del D.Lgs. 165/2001, introdotto dalla riforma del 2016 per la quantificazione del danno all’immagine.

La sentenza

La Corte Costituzionale rileva, preliminarmente, che le previsioni normative introdotte nel 2016, in materia di azione amministrativa nei confronti dei pubblici dipendenti, presentano valenza sanzionatoria e deterrente, onde rendere efficace il contrasto dei comportamenti assenteistici.

Per i Giudici, l’azione di responsabilità contabile, pur essendo ontologicamente compensativa - perché tendente al ripristino del patrimonio pubblico danneggiato - con la norma in esame assume una finalità sanzionatoria che, comunque, in considerazione delle condotte che tende a contrastare, non può considerarsi costituzionalmente irragionevole.

In ordine alla tipizzazione delle fattispecie del danno all’immagine, la sentenza deduce, invece, che il relativo ammontare - che non può essere inferiore a sei mensilità dell’ultimo stipendio - è rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione.
Sotto questo punto di vista, la norma presenta sicuramente delle peculiarità, sia perché fa venire meno la c.d. pregiudizialità penale – non essendo necessario attendere né l’instaurazione del processo penale né la sentenza che lo definisce – sia perché omette di indicare dei criteri predeterminati da seguire per la determinazione del danno in via equitativa.

Per la Consulta ciò contrasta evidentemente con la finalità propria dell’introduzione delle norme in materia di responsabilità dei pubblici dipendenti, che è quella di accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare.

Su tali presupposti, la Corte dichiara, dunque, l’illegittimità costituzionale del secondo, terzo e quarto periodo del comma 3-quater dell’art. 55-quater del D.Lgs. 165/2001, come introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 116/2016.

A cura di Fieldfisher