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Tribunale di Roma: contrario al divieto di licenziamento il recesso motivato solo formalmente dal mancato superamento del periodo di prova


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Con la sentenza del 25.03.2021, il Tribunale di Roma afferma che deve considerarsi nullo, in quanto contrario al divieto di licenziamento per motivi economici disposto dalla normativa emergenziale, il recesso, formalmente irrogato per mancato superamento del periodo di prova, ma in realtà basato sulla necessità di eliminare una posizione di lavoro costosa.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, assunta con la qualifica di “hotel manager” in data 01.03.2020, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole, il 16.04.2020, per mancato superamento del periodo di prova.
A fondamento della predetta domanda, la medesima deduce:
- di aver proficuamente svolto le proprie mansioni, pur essendo stata posta in smart-working appena 10 giorni dopo l’inizio del rapporto, a causa della chiusura della struttura alberghiera dovuta all’emergenza epidemiologica da COVID-19;
- di essere stata, quindi, licenziata per motivi economici, durante il periodo di vigenza del relativo divieto disposto dalla normativa emergenziale.

La sentenza

Il Tribunale di Roma rileva, preliminarmente, che il superamento del periodo di prova da parte della lavoratrice è rinvenibile a fronte della non contestazione, ad opera della società resistente, del proficuo espletamento delle mansioni elencate nel ricorso.

Per il Giudice, invece, esistono indizi gravi, precisi e concordanti, a conforto della tesi che il recesso è stato irrogato per motivi economici piuttosto che per motivazioni legate all’espletamento della prova, avendo avuto la società la necessità di eliminare una posizione di lavoro costosa.
Nello specifico, tali indizi sono:
- l’iniziale inclusione della posizione della ricorrente nel numero dei dipendenti per i quali è stato richiesto l’accesso al FIS, che dimostra l’effettiva intenzione aziendale di considerare la posizione della stessa ormai integrata nell’organico e non consente minimamente di teorizzare l’intento datoriale di recedere dal contratto per i motivi successivamente formalizzati;
- l’aver formalmente richiesto la FIS a zero ore per la dipendente, che rappresenta un comportamento concludente avente natura confessoria, in quanto comprova l’impossibilità della ricorrente di operare e di svolgere le proprie mansioni a carattere operativo, non essendo presenti nell’albergo chiuso né clienti né personale;
- la situazione di oggettiva, grave, difficoltà economica della società, condizione da considerarsi fatto notorio e, in ogni caso, dimostrata dalla circostanza che l’albergo è stato costretto a chiudere con l’inizio del lockdown e non ha ancora riaperto al pubblico, vista l’assenza di turisti.

Secondo la sentenza, detta condotta datoriale risulta, quindi, lesiva del disposto di cui all’art. 46 del D. L. 18/2020 (cd. “Decreto Cura Italia”) come modificato dall’art. 80 del D. L. 34/2020 (cd. “Decreto Rilancio”) e successivi provvedimenti che, al fine di contenere gli esiti negativi della pandemia sui lavoratori, hanno disposto il divieto di irrogare licenziamenti per motivi economici e/o organizzativi.

Su tali presupposti, il Tribunale di Roma dichiara nullo il licenziamento irrogato alla lavoratrice e, in accoglimento del ricorso dalla stessa presentato, dispone la sua reintegra.

A cura di Fieldfisher