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Tribunale di Milano: onere della prova in caso di licenziamento ritorsivo


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Con la sentenza n. 2798 del 18.11.2021, il Tribunale di Milano ribadisce che il licenziamento per ritorsione, diretta o indiretta, è sempre nullo, a condizione che il motivo ritorsivo, come tale illecito, sia stato l'unico determinante del recesso (sul medesimo tema si veda: Tribunale di Santa Maria Capua Vetere: l’isolamento della dipendente prova la ritorsività del recesso).

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatogli in data 06.08.2020, lamentando la natura ritorsiva del provvedimento.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo deduce che il recesso costituisce una reazione alle pretese avanzate a mezzo PEC, in data 17.07.2020, allorquando rivendicava il riconoscimento dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di una diversa società appartenente allo stesso imprenditore.

La sentenza

Il Tribunale di Milano rileva preliminarmente che, nel caso di contumacia del datore di lavoro, il fatto contestato deve ritenersi indimostrato e, quindi, insussistente, senza ulteriori oneri probatori a carico del dipendente.

Per il Giudice, quindi, i fatti addebitati al ricorrente nel caso di specie, oltre ad essere risalenti nel tempo, sono sprovvisti anche di prova, non avendo la società - stante la sua mancata costituzione in giudizio - introdotto elementi a sostegno della contestazione.

Secondo la sentenza, dunque, l'arco temporale ristretto tra la rivendicazione ed il licenziamento e l’insussistenza di ulteriori motivazioni, inducono a ritenere la sanzione espulsiva determinata esclusivamente dall'intento di rappresaglia.

Ciò premesso, il Tribunale di Milano accoglie il ricorso, dichiara nullo il recesso e dispone la reintegra del dipendente nel proprio posto di lavoro.

A cura di Fieldfisher