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Corte d’Appello di Salerno: il termine di 30 giorni per esercitare il diritto di opzione in caso di reintegra non decorre dall’emanazione dell’ordinanza conclusiva della fase sommaria nel rito Fornero


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Con la sentenza n. 257 del 14.05.2018, la Corte d’Appello di Salerno afferma che il termine di 30 giorni, concessi dall'art. 18 della l. 300/1970 al lavoratore per esercitare il diritto di opzione in seguito all'ordine di reintegrazione emesso dal giudice, nel c.d. rito Fornero, decorre solo nel caso di deposito di sentenza in sede di giudizio di opposizione e non, invece, nel caso in cui vi sia un'ordinanza non opposta (sul punto si veda anche: L’art. 18 (commi 1-6) dello Statuto dei Lavoratori nella giurisprudenza).

Il fatto affrontato

La società propone opposizione avverso un decreto ingiuntivo notificatole da un lavoratore per richiedere l’indennità sostitutiva della reintegrazione, disposta dal giudice in conseguenza della declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogato al dipendente.
A fondamento della propria domanda, l’azienda avanza l’eccezione di decadenza, sostenendo che il prestatore aveva proposto la suddetta richiesta oltre il termine di 30 giorni dalla data di emanazione dell’ordinanza conclusiva della fase sommaria prevista dal rito Fornero.

La sentenza

La Corte d’Appello, confermando la statuizione del Tribunale, afferma che la ratio sottesa al terzo comma dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (che dispone che la richiesta dell’indennità deve essere effettuata entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza o dall’invito del datore a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione), in coerenza con i principi ispiratori della l. 92/2012, è quella di evitare che la richiesta dell’indennità sostitutiva possa essere avanzata a distanza di eccessivo tempo dall’accertamento del diritto alla reintegra in forza di un provvedimento emesso all’esito di un compiuto giudizio di merito.

Tuttavia, secondo i Giudici, quest’ultima situazione non ricorre palesemente nel caso dell’ordinanza che, nel rito Fornero, viene emanata non all’esito di un completo giudizio di merito, ma al termine di accertamenti propri di una fase sommaria.
Conseguentemente, la suddetta ordinanza, a differenza di una sentenza, è solo provvisoria e potenzialmente soggetta a più ampio rischio di rivedibilità, anche per deduzioni e prove ulteriori nel completamento dello stesso giudizio, mediante la fase dell’opposizione, caratterizzata, invece, dalla cognizione piena.

Su tali presupposti, la Corte ha rigettato l’appello proposto dalla società, condannandola al pagamento del decreto ingiuntivo opposto.

A cura di Fieldfisher