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Corte d’Appello di Milano: promessa unilaterale non valida dopo la cessazione del rapporto di lavoro


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Con la sentenza n. 1656 del 11.10.2017, la Corte d’Appello di Milano afferma che la promessa unilaterale resa dalla società ad un proprio dipendente è priva di effetto se la stessa viene fatta valere dopo che il rapporto di lavoro ad essa sottostante è, per qualsivoglia motivo, cessato.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, a seguito del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, chiede alla società il pagamento di una determinata somma, basandosi sulla promessa rilasciatagli anni prima, tramite una dichiarazione scritta, dall’allora Presidente ed Amministratore unico.
Quest’ultimo si era, infatti, impegnato, anche a fronte di mutamenti dell’assetto aziendale, a garantire al dipendente il posto di lavoro e la relativa retribuzione fino al raggiungimento dell’età pensionabile od, in alternativa, a corrispondere al medesimo lo stipendio e la contribuzione sino al momento del pensionamento.

La sentenza

La Corte d’Appello, confermando la statuizione del Tribunale, afferma che i suddetti impegni assunti dal Presidente, poi deceduto, della società rientrano nel novero delle promesse unilaterali di cui all’art. 1987 c.c.

A mente della disposizione codicistica, le stesse, salvo che la legge lo preveda espressamente, non sono fonte autonoma di obbligazione, ma comportano una presunzione iuris tantum dell’esistenza del rapporto alle medesime sotteso.

Pertanto, ove il rapporto sottostante non sia sorto o sia invalido od, ancora, sia estinto, le promesse perdono qualsivoglia effetto vincolante.

Indi per cui, stante il fatto che, nel caso di specie, il rapporto di lavoro su cui si basava la promessa era cessato per licenziamento del dipendente, alla stessa non può essere riconosciuto effetto alcuno.

Su tali presupposti, la Corte di Appello ha respinto il ricorso proposto dal lavoratore.

A cura di Fieldfisher